La cronaca fa strage della storia. Così ha esordito Marco Tarquinio, direttore de “L’Avvenire”, durante il panel dedicato alla situazione in Siria ed della città di Aleppo in particolare, organizzato ad Assisi durante la tre giorni “Sete di Pace – Religioni e Culture in dialogo”.
E’ di ieri sera la notizia di un convoglio autorizzato di aiuti umanitari che è stato bombardato, ultima offesa, in ordine di tempo, alla sacralità della vita umana; in queste ore le parti si accusano vicendevolmente dell’accaduto, mentre un ennesimo Consiglio di Sicurezza dell’ONU si riunisce con urgenza.
Aleppo, città cosmopolita ed accogliente, solo cento anni fa rifugio della popolazione armena in fuga dal genocidio, la più popolosa città della Siria, più della capitale Damasco, dalla popolazione variegata che include arabi, armeni, curdi, circassi e turchi, patrimonio dell’umanità dell’UNESCO dal 1986, ora non è che un cumulo di macerie.
Centro della battaglia della guerra civile siriana, è divisa al suo interno tra una parte occidentale controllata dal governo e una parte orientale controllata dai ribelli, alla cui mercé sono i civili, costretti a fuggire in massa o tenacemente legati alla loro patria, tanto da non abbandonarla neanche in questi momenti drammatici che sembrano essere di non ritorno.
Uomini e donne che usavano convivere pacificamente senza problemi di religione o etnia da cinque anni vedono le loro vite sconvolte, i loro figli non conoscono altro che la paura, divisi tra la fuga ed una vita di privazioni fra le macerie.
Quest’anno, per la prima volta, da quella prima volta di 30 anni fa, ad Assisi, insieme agli oltre 500 leader religiosi e personalità della politica e della cultura, è stato possibile ascoltare i testimoni diretti di queste tragedie, come Tamara Mikalli, armena di Aleppo, insegnante di inglese prima che la guerra gli portasse via tutto. Tamara è riuscita a fuggire, insieme alla sua famiglia, grazie ai corridoi umanitari nel maggio scorso, ed ha trovato rifugio in Italia.
“Aleppo, quando pronuncio questo nome, mi si stringe il cuore – racconta Tamara – perché mi ricordo dove sono nata, cresciuta e dove mi sono sposata. Mi tornano alla mente i tanti amici musulmani e cristiani. Ora si fanno differenze tra cristiani e musulmani, ma prima della guerra non c’erano differenze”. Sotto i “pesanti bombardamenti – ricorda – condividevamo il pane e l’acqua, i beni più preziosi che mancano durante la guerra, ci incoraggiavamo a vicenda e pregavamo”.
“Save Aleppo!” era il titolo del panel, “Save Aleppo!” è stato il grido che si è più volte levato per bocca dei più eminenti rappresentanti delle religioni presenti ad Assisi.
Mauro Garolfalo, della Comunità di Sant’Egidio, ricorda il 14 Giungo 2014, quando Andrea Riccardi lanciò un appello per salvare Aleppo, una richiesta di un “soprassalto di responsabilità” fra le parti in causa, appello firmato da migliaia di persone e che purtroppo, ad oggi, non ha sortito gli effetti sperati.
La dura e spietata analisi del prof. Tarek Mitri, dell’Università Americana di Beirut non lascia spazio a molte speranze: l’unica via percorribile per la fine delle ostilità in Siria è l’accordo fra gli Stati Uniti e la Russia, nonostante le altre parti chiamate in causa durante l’incontro, come la Turchia, l’Arabia Saudita e l’Iran, non dimenticando alcune potenze europee che non hanno sempre giocato in maniera limpida.
Shahan Sarkissian, Primate armeno ortodosso di Aleppo e Harutiun Seliman, Presidente della Comunità Evangelica in Siria hanno testimoniato sulla presenza delle comunità cristiane in Aleppo, alla loro testimonianza hanno fatto da contrappunto gli interventi dell’Imam di Trieste Nader Akkad, Siriano di Aleppo, che ha definito Aleppo una “madre”, i cui figli sono costretti ad assistere quotidianamente alle violenze a lei perpetrate. “Nessuno è depositario di soluzioni, ma l’unico strumento in nostro possesso è la voce, ed è responsabilità di ognuno di noi far sentire la propria voce per la salvezza di Aleppo – ha proseguito – da Assisi, città della Pace, ci rivolgiamo ai potenti della terra per dire basta, i bambini di Aleppo non ce la fanno più, la popolazione, dopo cinque anni di bombardamenti è allo stremo”.
Il grido di dolore che si è levato dai testimoni siriani presenti deve essere amplificato dai mezzi di informazione, è questa la nostra missione. Non sempre la stampa ha favorito la pace e la chiarezza, ma dovere di un giornalista è raccontare il presente, e dare voce a chi voce non ha.
La situazione in Siria sembra essere un ginepraio dal quale gli uomini di buona volontà stentano a trovare l’uscita, ma indispensabile è continuare a credere, come ha sostenuto Marco Garofalo, che la Pace è sempre possibile.
Benedetta Tintillini