“Per colmare il gap di salute tra le persone bisogna intervenire sulle politiche di equità e giustizia sociale”. Ne è convinto Michael Marmot, professore di Epidemiologia e Salute pubblica allo University College London (Ucl), secondo il quale la sostenibilità del sistema sanitario ruota intorno ai determinanti sociali della salute.
“I determinanti sono distribuiti in modo disuguale – spiega – e questo genera disuguaglianze anche in termini di salute”. Nel corso del seminario ‘Disuguaglianze di salute: quanto pesano? Si possono modificare?’, organizzato dalla Commissione Sanità del Senato a Palazzo Giustiniani a Roma, Marmot osserva infatti che “l’aspettativa di vita delle persone aumenta per chi vive in zone più ricche, mentre nelle aree più povere della stessa città si riducono anche di 20 anni”.
Differenze ancora più profonde si rilevano considerando la speranza di vita autonoma: “Le persone che vivono in quartieri meno abbienti – aggiunge – vivono non solo di meno, ma più a lungo con una disabilità”. In sostanza, le disuguaglianze di salute hanno radici nell’ambiente sociale e culturale. “Nei Paesi dell’Europa dell’Est, rispetto ai Paesi occidentali – prosegue l’esperto – ci sono una speranza di vita di media inferiore, e un divario più ampio tra chi ha un’istruzione primaria e un’istruzione terziaria. In Estonia, Romania o Bulgaria le persone sono in buona salute se hanno un’istruzione universitaria”.
Ma per ridurre povertà e divario sociale, e di conseguenza migliorare le condizioni di salute, si deve partire fin dai primi anni di vita. Per Marmot “bisogna dare a tutti i bambini il migliore inizio possibile nella vita, favorire l’occupazione giovanile e le misure di prevenzione per le malattie”. A fornire un esempio sono i dati sull’obesità infantile: “Più si è poveri – sottolinea il docente – più alto è il livello di obesità infantile tra gli 8 e gli 11 anni. L’obesità è una patologia che continua anche nella vita adulta e che porterà a un ulteriore aumento di diseguaglianze anche per malattie cardiovascolari o per il diabete”. Ma quali sono le cause? Una tra tutte i punti di ristorazione e la qualità: “Più l’area è povera e più è ricca di fast food – dice Marmot -. Inoltre, in Inghilterra solo il 18% delle persone mangia uno o più pasti a tavola durante il giorno. Il 3% non ha neanche un tavolo”.