Piccolo gioiello nello scrigno dei castelli amerini, Giove si impone per la maestosità del suo Palazzo Ducale, per la salubrità dell’aria, per la vita ed i rapporti a misura d’uomo, per la cultura che va a braccetto con l’enogastronomia.
Giove offre al visitatore, oltre a quanto già accennato, dei percorsi attraverso la campagna durante i quali è possibile imbattersi in vestigia di epoca romana, medievale e rinascimentale, in un connubio ideale tra storia, cultura e natura.
Gemma preziosa del borgo, come già accennato, il Palazzo Ducale, già esistente nel 1223, come testimoniano alcuni documenti, fu in origine una fortificazione a scopo difensivo. Distrutto ad opera di un cardinale Orsini per vendicare l’uccisione di un suo nipote ad opera dei Colonna, fu poi ricostruito nel 1400, i Farnese lo ammodernarono tra il 1514 ed il 1597, mentre i Mattei, duchi di Giove, successivamente ne ampliarono la costruzione.
E’ possibile ancora distinguere la parte più antica a sud, a tre piani, con un torrione a pianta circolare e quella più recente, a nord, che si sviluppa su sei piani di altezza e dove si apre l’ingresso principale.
Gli sfarzosi saloni del terzo piano recano soffitti affrescati con soggetti mitologici, mentre al quarto piano vi sono delle stanze adibite a prigione con, addirittura, un trabocchetto da dove venivano fatti precipitare i condannati. Le finestre sono ben 365, come i giorni dell’anno.
Un altro vanto di Giove sono i suoi sbandieratori, alcuni dei quali fanno parte della squadra nazionale di bandiera, ed i figuranti del corteo storico. Tale corteo si colloca in un preciso momento della storia del borgo: il 1557, anno dello “Statuto di Giove”, nel quale sono riportate, tra l’altro, le norme e le consuetudini risalenti al Medioevo. Tra la sessantina di figuranti, che sfilano in occasione di feste e rievocazioni, è possibile riconoscere il Signore accompagnato dalla corte di Dame e Cavalieri, il Prelato, i Paggetti, le cariche comunali, ovvero il Podestà, il Consiglio Generale, i Priori, il Camerlengo, il Castaldo ed il popolo festante.
di Benedetta Tintillini