Si apre oggi, al Museo “Claudio Faina” di Orvieto, la mostra Mario Schifano: visioni etrusche curata da Maria Paola Guidobaldi e Gianluca Tagliamonte, che viene riproposta ad Orvieto con alcuni adattamenti ai nuovi spazi grazie alla supervisione di Giuseppe M. Della Fina.
La mostra, di altissimo interesse e importanza, sarà visibile fino al 31 agosto 2019.
A venti anni dalla scomparsa dell’artista, la mostra è incentrata sul rapporto tra il maggiore esponente italiano della pop-art e l’arte degli Etruschi: nel 1991, infatti, Mario Schifano realizzò il ciclo pittorico Gli Etruschi, costituito da opere di medio formato realizzate in tecniche miste su carta intelata.
Il suo interesse si concentrò su alcune delle più celebri immagini del repertorio iconografico della pittura funeraria etrusca, soprattutto quelle riferibili ad alcune tombe dipinte di Tarquinia databili agli ultimi decenni del VI secolo a.C.
Non mancano, tuttavia, riferimenti a complessi più antichi, come quello, sempre tarquiniese, della Tomba delle Pantere (inizi del VI secolo a.C.) né richiami alla pittura funeraria orientalizzante di Cerveteri, con la Tomba dei Leoni Dipinti (metà del VII secolo a.C. o poco dopo).
La maggior parte di queste tombe tarquiniesi (Tomba dei Tori, Tomba degli Auguri, Tomba della Caccia e della Pesca, Tomba del Barone, Tomba dei Vasi Dipinti, Tomba delle Leonesse) venne rinvenuta nell’Ottocento. Altre lo furono, attraverso le prospezioni della Fondazione Lerici, proprio negli anni in cui Schifano lavorò a Villa Giulia: la Tomba delle Olimpiadi (1958), la Tomba Cardarelli e la Tomba Bartoccini (1959), la Tomba dei Giocolieri (1961). Solo nel 1968 venne invece rinvenuta la già citata Tomba delle Pantere.
Le rielaborazioni di Schifano riprendono scene o particolari (talora contaminandoli) desunti dalle antiche raffigurazioni parietali. La reinterpretazione di tali immagini proposta dall’artista in chiave pop si sostanzia di dinamiche figure dai colori sgargianti, emergenti da un fondo monocromo o scuro, che proprio quelle figure illuminano di sprazzi di luce e vitalità.
Ai quadri ispirati alle pitture funerarie si aggiungono quattro colorite riproposizioni di vasi antichi che, seppure non precisamente caratterizzati, sono tuttavia riconducibili a precise forme vascolari, nonché quella di un noto carrello funerario in bronzo da Tarquinia.
L’edizione orvietana della mostra è stata resa possibile dalla Fondazione Pescarabruzzo, proprietaria delle opere, dalla Fondazione per il Museo “Claudio Faina”, dal Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, dal Dipartimento di Beni Culturali dell’Università del Salento e si avvale del patrocinio dell’Archivio Mario Schifano.