Il Colosseo, il monumento più visitato in Italia, l’iconico simbolo della civiltà occidentale, l’opera architettonica meta dei turisti di tutto il mondo, chi non lo conosce?
O meglio, chi non crede di conoscerlo? In questo articolo qualche chicca che, forse, anche chi davanti al Colosseo passa tutti i giorni per spostarsi a Roma, ignora o ha dimenticato.
Il Colosseo è il più grande anfiteatro al mondo ed il monumento italiano più visitato con i suoi 7,4 milioni di visitatori nel 2018.
Alto come un edificio di 17 piani con i suoi 50 metri di altezza, il Colosseo era composto da 4 piani, il primo formato da 80 arcate che ospitavano statue monumentali e l’ultimo a parete. Per la sua costruzione furono necessarie 100.000 tonnellate di travertino e 300 tonnellate di ferro che lo resero praticamente indistruttibile e, nonostante le sue enormi proporzioni, fu costruito in meno di 10 anni. La costruzione iniziò nel 71 d.C. sotto l’imperatore Vespasiano, della dinastia flavia, ed i lavori furono finanziati, come altre opere pubbliche del periodo, con i proventi delle tasse provinciali e il bottino del saccheggio del tempio di Gerusalemme (70 d.C). L’area scelta era una vallata tra la Velia, il colle Oppio e il Celio, in cui si trovava un lago artificiale (lo stagnum citato dal poeta Marziale), fatto scavare da Nerone per la propria Domus Aurea. Vespasiano vide la costruzione dei primi due piani e riuscì a dedicare l’edificio prima di morire nel 79 d. C.
Tito aggiunse il terzo e quarto ordine di posti e inaugurò l’anfiteatro con cento giorni di giochi nell’80 d. C. Poco dopo, il secondo figlio di Vespasiano, l’imperatore Domiziano, operò notevoli modifiche, completando l’opera ad clipea (probabilmente scudi decorativi in bronzo dorato) e realizzando i sotterranei dell’arena: dopo il completamento dei lavori non fu più possibile tenere nell’anfiteatro le naumachie (rappresentazioni di battaglie navali), che invece le fonti riportano per l’epoca precedente.
Contemporaneamente all’anfiteatro furono innalzati alcuni edifici di servizio per i giochi: i ludi (caserme e luoghi di allenamento per i gladiatori, come il Magnus), la caserma del distaccamento dei marinai della Classis Misenensis (la flotta romana di base a Miseno) adibiti alla manovra del velarium, il sanatorium (luogo di cura per le ferite dei combattimenti) e lo spoliarum un luogo in cui venivano trattate le spoglie dei gladiatori morti in combattimento.
Il grande circo poteva contenere, comodamente sistemati sugli spalti, dai 50.000 ai 70.000 spettatori, che potevano raggiungere i tre settori (che rispecchiavano lo stato sociale di chi li occupava: in alto la plebe con un settore riservato alle donne, mentre il primo livello, quello più basso, era dedicati ai magistrati, alle vestali, ai sacerdoti e ai senatori) attraverso 80 ingressi e uscite ed un sistema di scale e gallerie (vomitoria).
Il 37% di pendenza delle gradinate assicurava una perfetta visione degli spettacoli da qualsiasi punto dell’anfiteatro, mentre ben 240 pali sostenevano l’immenso velarium che schermava i raggi solari grazie a 100 marinai della flotta imperiale ai quali era affidato il compito della sua movimentazione.
Il programma quotidiano degli spettacoli si articolava in tre fasi: si iniziava la mattina con le Venationes, ovvero lotte fra animali e fra animali e uomini; a mezzogiorno il programma offriva gli spettacoli Ad belvas durante i quali i condannati a morte erano lasciati alla mercé di belve addestrate per attaccare gli uomini, incitate dal personale di servizio; si chiudeva poi nel pomeriggio con i Munera, i veri e propri giochi gladiatori, che avvenivano in un caos totale dovuto all’eccitazione dei 50-60 mila spettatori che partecipavano animatamente (erano ricorrenti le frasi: Habet/ hoc habet = le prende, mussum = liberalo, iugula! = sgozza o cure = brucia).
Un sistema di fontanelle all’interno del Colosseo provvedeva a placare la sete degli spettatori ed è ancora visibile, al piano basso, un gradino molto usurato dal passaggio che venne picchiettato per evitare rovinose cadute.
I sotterranei erano le vere proprie quinte del Colosseo, dove da una moltitudine di persone di servizio movimentava i montacarichi e gli argani che dovevano portare sulla scena gladiatori e belve e stupire gli astanti con “effetti speciali”.
Dopo il sacco di Roma del 410 ad opera dei Visigoti di Alarico, sul podio che circondava l’arena fu incisa un’iscrizione in onore dell’imperatore Onorio, forse in seguito a restauri. Onorio proibì i ludi gladiatori e da allora il Colosseo fu adibito solo alle venationes che proseguirono fino all’epoca di Teodorico.
Il definitivo declino del Colosseo fu nel VI secolo, dopo la fine dell’impero e lo svuotamento della città cadde in disuso e fu adibito agli usi più disparati, da ricovero per il bestiame a sede di piccoli commerci, oltre ad essere usato come cava di materiali per le imponenti costruzioni commissionate dai Papi.
Si ringrazia per la collaborazione l’Associazione Culturale Matavitatau