Aldo Cazzullo presenta, in un video creato in occasione del lancio del libro, l’oggetto della ricerca di Rossella Pace racchiusa nel volume “Partigiane liberali” che Rubbettino propone in anteprima sul proprio sito in cartaceo e su tutti gli store in ebook in occasione del 25 aprile.
«La resistenza non è solo un fatto di uomini. È un fatto anche e – a volte, in certe circostanze –soprattutto di donne. Senza le donne gli italiani non avrebbero potuto dare il loro contributo (accanto ovviamente alle armate angloamericane) per liberare il nostro paese. E poi liberali. La resistenza non è soltanto una cosa rossa. Non appartiene solo ai comunisti, non appartiene a una fazione, appartiene alla Nazione. Ci furono molti modi di dire di no ai nazifascisti. Questo “no” lo dissero comunisti, socialisti, liberali, monarchici, cattolici e lo dissero suore, sacerdoti, carabinieri, militari, internati militari in Germania e, appunto, tantissime donne, di ogni fede politica»
Intorno alla partecipazione del Partito liberale alla Resistenza c’è stata una vera e propria forma di ostracismo. Nel 1972 Sandro Pertini a proposito dei combattenti liberali scriveva: «Uomini e donne leali, disinteressati e coraggiosi senza esibizionismi, che tutto hanno dato alla causa della libertà senza nulla chiedere ed è per questo che diciamo che dovrebbero essere oggetto di maggiore attenzione e di rivalutazione da parte della nuova storiografia».
Questo libro di Rossella Pace colma non solo un vuoto rispetto a questa parte misconosciuta della Storia della Resistenza, ma lo fa anche da una prospettiva ancor meno conosciuta quella che mette in luce il ruolo delle donne di estrazione liberale.
Il libro tuttavia non si limita a inserire la partecipazione delle donne liberali nel quadro più ampio della storiografia della resistenza perché – come osserva l’autrice – ciò vorrebbe significare sminuirne ulteriormente il ruolo e, in qualche misura, ghettizzarle. «L’analisi delle fonti primarie – scrive Rossella Pace – ha evidenziato non solo che molte partigiane liberali agivano in proprio ed in funzione coadiuvante degli uomini, ma inoltre che anche esse, al pari di comuniste, socialiste, azioniste, cattoliche ebbero un ruolo di primo piano nell’organizzazione, nel coordinamento, nella direzione della lotta».
Sono molte le figure di donne combattenti che il libro «Partigiane liberali» sottrae al rischio dell’oblio. C’è per esempio Maria Giulia Cardini, appartenente prima alla Brigata Beltrami e poi all’Organizzazione Franchi di Edgardo Sogno per divenire poi capocellula della Missione alleata Chrysler. Unico caso di donna liberale a capo di una banda di uomini.
Ci sono le donne che, da civili, hanno fatto parte di una fittissima rete antifascista che appoggiava il braccio armato della Franchi come Costanza e Cristina Casana, Mimmina Brichetto Arnaboldi, Marcella Ubertalli, Giuliana Benzoni, Lavinia Taverna, Virginia Minoletti Quarello, Erminia Arpesani e tante altre.
Non mancano storie dure di veri e propri sacrifici umani come quello di Maria Zimbaldi, contadina di Realdino (Carate Brianza) arrestata perché moglie di un partigiano, selvaggiamente picchiata a sangue e stuprata a turno da quaranta militari.
Il cuore del libro è però costituito dal diario genovese di Virginia Minoletti Quarello, moglie di Bruno Minoletti, donna di grande potere politico e capo del Coordinamento Femminile Antifascista di Genova, formazione che poi soccomberà ai più forti e organizzati Gruppi di Difesa della Donna.