“Di fatto la Prima Guerra Mondiale contribuì a formare la nazione italiana più delle guerre risorgimentali e dell’opprimente centralismo dello Stato liberale post-unitario“. Lo afferma il padre gesuita Giovanni Sale in un saggio che uscirà sul nuovo fascicolo della rivista “La Civiltà Cattolica”, dedicato al centenario dell’entrata dell’Italia nel primo conflitto mondiale (24 maggio 1915).
La prima guerra mondiale fu un conflitto mondiale che coinvolse le principali potenze mondiali e molte di quelle minori tra il luglio del 1914 e il novembre del 1918. Chiamata inizialmente dai contemporanei “guerra europea”, con il coinvolgimento successivo delle colonie dell’Impero britannico e di altri paesi extraeuropei tra cui gli Stati Uniti d’America e l’Impero giapponese prese il nome di guerra mondiale o anche Grande Guerra: fu infatti il più grande conflitto armato mai combattuto fino alla successiva seconda guerra mondiale.
Sulla scorta di numerosi storici, anche lo studioso della Compagnia di Gesù sottolinea che la Prima Guerra Mondiale riunì “gli italiani prima nel dolore e nell’elaborazione del ‘grande lutto’ (lo scontro produsse circa 650.000 vittime), poi nella mentalità, nella lingua, e soprattutto nell’orgoglio di sentirsi parte di una grande nazione vittoriosa”.
Il saggio di padre Sale ripercorre l’entrata in guerra contro l’Austria nel 1915 dell’Italia dopo 10 mesi di neutralità, a fianco delle potenze dell’Intesa (Francia, Inghilterra e Russia). “Iniziava così una guerra voluta e decisa da una parte della classe dirigente la cui lunga gestazione – ricorda padre Sale – aveva creato contrapposizioni politiche e culturali molto forti nel Paese tra neutralisti e interventisti, dividendo borghesi e contadini/proletari, ma che ben presto sarebbe diventata la guerra di tutti gli italiani”.
Credits: foto www.museibologna.it