Il nostro corpo brucia, Tra le barricate e Dove muoiono i venti i lavori premiati al Festival dei Diritti Umani che si è concluso ieri a Baschi
Si è chiusa domenica 7 agosto la quinta edizione dell’Human Rights International Film Festival con la premiazione di tre documentari tra gli oltre 90 pervenuti da 20 diversi Paesi. L’annuncio, cui è seguita la proiezione, è stato dato dal direttore artistico della manifestazione Francesco Cordio al parco della solidarietà di Baschi, trasformato per quattro giorni in una piccola arena cinematografica.
Documentari e film al centro dell’evento ma anche incontri, come quelli che nel pomeriggio di domenica hanno preceduto il gran finale. Si è iniziato con “FAQ sulle fake news” promosso dall’Italian Linux Society di Perugia con relatori Martino Colucci e Fabio Nardi; si è proseguito con Corrado Augias per una dissertazione su “Il diritto di sapere”, per arrivare poi alla presentazione del libro “Mai Dati” di Chiara Lalli e Sonia Montegiove a cura di Romina Perni e Roberto Vicaretti e, infine, all’incontro con Stefano Corradino che ha parlato del suo ultimo disco.
Tornando al concorso, miglior corto il documentario è stato ritenuto “Our Body Burns” (Il nostro corpo brucia) di Angela Tullio Cataldo, nel quale Cecilia rivendica il suo diritto a essere curata e ad avere rapporti sessuali. Cecilia è una donna italiana, giovane e affetta da vulvodinia . La sua sindrome colpisce almeno una donna su sette, eppure è poco studiata, ignorata dalla medicina e non riconosciuta da diversi Stati, compreso il suo. Cecilia e i suoi compagni d’armi stanno conducendo una lotta senza precedenti: è la prima volta nella storia mondiale che un gruppo di donne si esprime pubblicamente per il riconoscimento di questa sindrome invisibile.
Menzione speciale per la regista palestinese Jude Ezquil per il corto “Between the barricades” (Tra le barricate). Aya, 9 anni, è troppo giovane per capire la politica dell’occupazione, ma deve affrontare le restrizioni di non poter più giocare all’aperto. Una notte i soldati fanno irruzione nella sua casa, lasciando il fratello minore tremante dietro la porta della loro camera da letto. È questa notte che Aya tenta di raccogliere il coraggio per affrontare i suoi mostri e liberarsi dalle barricate che la circondano.
Miglior corto d’animazione l’iraniano Where the winds die (Dove muoiono i venti). Sardasht, città curda nell’ovest dell’Iran, è la prima città al mondo ad essere vittima di armi chimiche con bombe a gas mostarda, alle 16:15 di domenica 28 giugno 1987. Questo film parla di prima e dopo il bombardamento, di una relazione romantica tra una coppia e, infine, degli effetti del dopoguerra. La guerra rende brutte le bellezze. La guerra rende la vita amara e difficile. La guerra non finisce mai e i suoi effetti non scompaiono, resteranno per sempre con le vittime.
Il Festival Internazionale dei Diritti Umani ha proposto, oltre alla proiezione dei film-documentari selezionati, una ventina di appuntamenti culturali, sia al chiuso che all’aperto, sempre molto partecipati. A chiudere la kermesse il concerto delle “Nuove Tribù Zulu”. Ad aprirla era stata la band “Il Parto delle Nuvole Pesanti”, che ha realizzato proprio a Baschi il video clip sull’ultimo brano della band, “I bambini di laggiù”.