Un artista a “tutto tondo” o “di peso” o… “di nicchia”, come disse Gigi Proietti aggiungendo: ammeso che c’entri, nella nicchia! Sono facili e scontate le battute che accompagnano la presentazione di Stefano Fresi, ma lungi da noi l’intenzione di fare “body shaming”! Anzi, è una dimostrazione di sincero affetto e ammirazione per un artista la cui corporeità è sicuramente parte del suo talento e del suo personaggio.
Attore del piccolo e grande schermo, cantante e compositore, doppiatore: tante le possibilità espressive di Stefano che, negli anni, ha mostrato quanto la sua arte sia eclettica e diversificata.
Incontriamo Stefano Fresi a Todi in occasione dell’Umbria Cinema Festival, disponibile, affabile e gentile ci concede una breve intervista per scoprire qualcosa in più di lui e della sua professione.
Ormai celeberrimo grazie a interpretazioni memorabili sul grande schermo come quella nella trilogia, diventata ormai un classico, di “Smetto quando voglio” di Sydney Sibilia, indimenticabile voce di Pumbaa, il facocero di un blockbuster del calibro de “il Re Leone” della Disney, già protagonista a teatro, nella stagione 2021, della produzione del Teatro Stabile dell’Umbria “Guerra e Pace” di Lev Tolstoj, è adesso impegnato in una tournée canora con il gruppo “Favete Linguis”, trio composto da Stefano, Toni Fornari e Emanuela Fresi, con i quali propone lo spettacolo “Cetra una volta”.
La musica, ci racconta, è il suo primo amore, ed è proprio grazie alla musica che si è avvicinato al teatro che lo ha poi “risucchiato”; da lì al cinema il passo è breve per chi, come lui, ha un così grande talento: a trent’anni, racconta, Michele Placido lo ha voluto per “Romanzo criminale” e da lì è definitivamente decollata la sua carriera, passando per l’azzeccatissimo “viva l’Italia” di Massimiliano Bruno fino alla già citata trilogia di “Smetto quando voglio”.
Il teatro, però, ci racconta, è il mezzo espressivo che più lo appassiona, dove le emizioni sono amplificate dal contatto diretto con il pubblico e dalla recitazione “senza rete” e senza ciak che rende ogni replica un’evento irripetibile.
Benedetta Tintillini