Una viticoltura integrata e maggiormente sostenibile, è questo il futuro del vino italiano. Obiettivo ambizioso, certamente, per il quale occorrerà investire nella scienza e scommettere sull’innovazione genetica e sulla creazione di nuovi vitigni resistenti alle malattie e nuovi portainnesti.
Ne hanno discusso ad Expo Milano, in un convegno promosso e organizzato da Fedagri-Confcooperative presso la Cascina Triulza, ricercatori, docenti ed esperti provenienti da tutta Italia. “L’innovazione e la ricerca in viticoltura si sono difatti posti come obiettivo principale negli ultimi anni l’introduzione di nuove varietà resistenti alle malattie e nuovi portinnesti, anche in considerazione degli attuali modelli viticoli e dei cambiamenti climatici in corso. Si intende allo stesso tempo dare risposte alla crescente attenzione da parte delle aziende vitivinicole all’ambiente e alla salubrità dei prodotti. È solo attraverso la creazione di nuove varietà resistenti e nuovi portinnesti che sarà infatti possibile conseguire obiettivi importanti come la riduzione della chimica nella lotta ai parassiti, la riduzione degli apporti idrici e dei fertilizzanti, il mantenimento della biodiversità tellurica, il miglioramento genetico per le resistenze”.
Così in un comunicato Fedagri-Confcooperative. “L’impatto che l’innovazione genetica avrà sulla produzione del vino e sul consumatore – ha dichiarato il prof. Attilio Scienza dell’Università degli studi di Milano – sarà paragonabile a ciò che e’ avvenuto 150 anni fa con l’arrivo della fillossera. Ci aspetta una vera e propria innovazione culturale. E pensare che la viticoltura europea ha sempre accolto con molta circospezione l’innovazione genetica: ci sono state addirittura, a partire dal 1800, battaglie appassionanti condotte in Francia ed in Italia sull’innesto e sugli ibridi. Oggi però l’Italia è il paese leader in Europa nello sviluppo di programmi di miglioramento genetico“.