Le fasi finali del restauro delle mura ciclopiche di Amelia rivelano purtroppo il tradimento delle tecniche e dell’autenticità strutturale e costruttiva delle mura poligonali. L’apposizione di giunti in stuccatura alle parti combacianti lascia, infatti, perplessa Italia Nostra.
“Al massimo si poteva prevedere, ma anche questo deve considerarsi un tradimento del restauro, una giuntura in forte sottosquadro delle pietre” – spiega Michele Campisi, Segretario generale di Italia Nostra ed esperto di mura poligonali, di cui esistono vari esempi in tutto il Lazio e nell’Italia centrale.
“Il restauro di un crollo – prosegue Michele Campisi – deve essere eseguito col ripristino fedele di quanto esisteva prima dell’evento. Non è corretto infatti storicizzarne un evento accidentale e fuori da una intenzionalità costruttiva. Il restauro deve inoltre garantire autenticità dei tipi costruttivi e delle espressioni che sono in essi contenute. Modificare così radicalmente il senso della costruzione, anche se con la semplice apposizione dei giunti, mai concepiti dal costruttore antico e mai subentrato in età storica (qualora vi fosse stato, lo sarebbe per scorretto intervento di una modernità), rappresenta un travisamento del patrimonio ereditato. Sopperire con una semplicissima astuzia alla difficoltà – anche economica – di una necessaria manutenzione non può costituire ‘buona pratica’ del Restauro.”
La sezione ha fatto presente in modo informale le proprie perplessità all’epoca dell’avvio del cantiere e durante la presentazione che si tenne ad ottobre 2022 vi furono voci contrarie alle tecniche proposte e cioè all’inserimento di materiali avulsi all’opera poligonale. Visto che non si è riusciti a ricomporre l’apparato murario, Italia Nostra chiede che le stuccature tra i conci accostati siano eliminate o molto abbassate., Inoltre, per mitigare effetto di “galleggiamento” dei conci nella malta, tanto che le lacune prevalgono sull’opera poligonale impedendone la leggibilità, chiede di inserire nella stuccatura pietre anche piccole mantenendo una identica cromia, oppure di martellare la superficie per renderla più porosa o, all’antica, ricostruire i conci a trompe-l’œil. Tutti interventi che sarebbero in linea con la riconoscibilità e la rimovibilità previste dalle varie Carte del Restauro. Si chiede inoltre che i conci che non siano stati riposizionati vengano lasciati in situ, in una sorta di “musealizzazione”.
La struttura poligonale appartiene ad una tradizione di antichità che in Italia si data dal V secolo a.C. fino e poco oltre il I d.C. È una tecnica frutto dell’esperienza più che della scienza che si affaccerà nei cantieri solo con la diffusione della cultura ellenistica di cui si conoscono ancora i trattati di Filone di Bisanzio ed altri “ingegneri”. Le murature poligonali costituiscono un capitolo di archeologia tra i più seguiti degli ultimi venti anni. Molti gli esempi nelle città erniche che ne conservano prove intatte.