… Chiedo ad Enrico Sarsini di raccontarmi qualche aneddoto, qualche fatto che lo abbia segnato in modo particolare, penso: chissà di quante storie grandi o piccole sarà stato testimone, e chissà quante altre ne avrà vissute! Mi aspetto che mi parli del Vietnam, della guerra, di nazioni provate da regimi totalitari durissimi, e invece…
… invece me ne racconta due, tutt’e due che lo hanno segnato profondamente, ma resto sorpresa…
Il primo: in occasione di un reportage da realizzare per “Le Figaro” magazine, stava scattando alcune foto ad alcuni reperti archeologici al Museo di Kiev. Coadiuvato da un’assistente del Museo che maneggiava i pezzi e li posizionava per le foto, Enrico scatta in sequenza. Arriva il turno di una statuetta muliebre, una delle “Veneri di Malta”, piccole statuette di donne grasse e dai grandi seni, beneauguranti portatrici di fertilità e prosperità. L’assistente non la posiziona al meglio ed Enrico fa per toccarla quando, improvvisamente, la statuetta gli “esplode” fra le mani, disintegrandosi, sparendo così per sempre… La stessa deflagrazione lui dice di averla sentita nella testa, potente e devastante, lasciandolo stordito e dice di essersi sentito esattamente come se avesse ucciso una persona.
Il secondo aneddoto è su Padre Pio. Devo premettere che Enrico, proveniente da una famiglia bene della borghesia romana, quartiere Parioli, è stato educato presso le migliori scuole private della capitale, gestite da religiose e religiosi. Tanto è bastato, mi racconta, per allontanarlo dalla religione in modo definitivo ed incondizionato.
Ciò detto, Enrico, nel 1959, si avvia alla volta di San Giovanni Rotondo insieme ad alcuni colleghi, per fotografare Padre Pio (a bordo di una Topolino truccata, mi racconta!). All’epoca non c’era la grande chiesa e tutti i fabbricati odierni. C’era solo la piccola chiesina del convento dove Padre Pio si recava per celebrare i Sacramenti.
Sapendo che all’alba Padre Pio avrebbe celebrato la messa, Enrico Sarsini si apposta dalle 5 all’esterno, dove erano già presenti molte donne, desiderose di assistere al rito officiato dal Frate. Enrico si mescola ad esse ed entra, e riesce a scattare le foto, del cui esito però non è certo data la poca luce all’interno della chiesa.
Decide di fare un altro tentativo sapendo che Padre Pio è uso passeggiare nel giardino nel pomeriggio. Si apposta dietro un muretto, ma l’arrivo di un cane lupo lo fa desistere.
Perplesso sui risultati del suo lavoro, Enrico Sarsini si rimette sulla via del ritorno insieme ai suoi colleghi, a bordo della Topolino, che lungo il viaggio si trova al centro di un fortissimo temporale, tanto che un fulmine la sfiora, andando a cadere qualche metro più in là, addosso ad un albero, mentre a lui arriva, persistente ed inconfondibile, un dolce profumo di violette…
Alla fine della carriera, nel 1998, Enrico e Nadine si ritirano a Todi, dove si stabiliscono definitivamente, per mia fortuna, e dove ho avuto il piacere di conoscerli.
Enrico, in questa fase, elabora una nuova tecnica espressiva, che ha chiamato “Foto Forma”. E’ una via di mezzo, o meglio, un connubio, fra la fotografia e la scultura. Utilizza una sua foto alla quale applica un elemento tridimensionale, che può essere un oggetto esistente o opportunamente realizzato da Enrico stesso. In questo modo la foto, già espressiva di per se, riesce a raccontare una vera e propria storia, che può essere diversa da spettatore a spettatore, riuscendo a suscitare i più vari stati d’animo, talvolta sorrisi, altre volte tristezza o perfino rabbia o rammarico, come la vita stessa, che per tanti anni ha raccontato.
di Benedetta Tintillini
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