Pubblicato l’inedito scambio epistolare Sciascia – Petri, conservato nell’Archivio della Bibliomediateca del Museo Nazionale del Cinema di Torino
“Ho fiducia che farai un buon film, ma sarà, in ogni caso, un film che non avrà niente a che fare col racconto. Il mio personale rammarico (che tu hai già avvertito e dichiarato: e mi riferisco all’intervista pubblicata sul Popolo) riguarda soprattutto la tua intenzione di non fare un film politico. Io scrivo soltanto per fare politica: e la notizia che il mio racconto servirà da pretesto a non farne non può, tu capisci bene, riempirmi di gioia“. Così scriveva Leonardo Sciascia l’8 settembre 1966 al regista Elio Petri che stava per iniziare le riprese del film tratto dal romanzo “A ciascuno il suo”.
L’inedito scambio epistolare Sciascia-Petri, conservato nell’Archivio della Bibliomediateca del Museo Nazionale del Cinema di Torino, è pubblicato, a cura di Gabriele Rigola dell’Università di Torino sulla rivista internazionale di studi sciasciani “Todomodo” (Olschki editore).
Elio Petri rispose dopo due giorni (10 settembre 1966), mentre si trovava già in Sicilia per le riprese del film. Nella prima parte della lettera, scritta da Cefalù, il regista riferiva il suo forte interesse per il protagonista di “A ciascuno il suo”, Paolo Laurana, e per la sua “natura”.
E commentava Petri: “Nella scelta di un personaggio si parte sempre – e comunque – da un processo di identificazione: riderai, se ti dico che io mi sento un poco come Laurana?”
A rispondere direttamente alle questioni sollevate da Sciascia nella sua precedente è la parte centrale della lettera di Petri, che entra anche nel merito del dibattito sul cinema politico che via via si sviluppava in quegli anni: “Potrei rovesciare il discorso così: volevo fare un film politico non didascalico. Tu credi che quando sullo schermo appariranno i preti, Rosello, i notabili, l’Osservatore Romano, tu credi che il film non sarà politico? Intendiamoci sulle parole, forse faremo prima: io, per politico, intendo ogni film che si presenti apertamente, massicciamente come libello, o come teorema politico, come un’opera sulla cui materia di ricerca, prevalga – incomba – una tesi politica, che in questo senso, è propagandistica“.
Nella lettera del 2 ottobre 1966, scritta a Petri, Sciascia tornava sulla distinzione tra i ruoli di scrittore e regista: “Nel mio atteggiamento nei tuoi riguardi non c’è stata altra ragione che quella dell’autore di un libro che ritiene di dover lasciare all’autore del film ogni possibile libertà, ma evitando accuratamente di diventarne complice“.
Il 22 febbraio 1967 il film di Petri usciva nelle sale cinematografiche. Meno di un mese dopo (10 marzo 1967) Sciascia prese carta e penna e scrisse a Petri: “La mia previsione che avresti fatto un ottimo film, ma diverso dal libro, si è avverata. E mi piace riconfermare, in tutta sincerità, che non c’è stato tra noi alcun malinteso, né io ho avuto delusione o amarezza dal fatto di scoprire, nella sceneggiatura e ora nel film, che tu hai fatto un’altra cosa“.