Nella dieta tradizionale dei contadini, per la cena della Vigilia di Natale si preparava l’Acquacotta: si lessavano i fagioli (in quella occasione, come è ovvio, diversamente dal solito non si insaporiva la zuppa con l’osso del prosciutto). Una volta cotti, a volte con l’aggiunta di una patata schiacciata, si versava la zuppa su del pane raffermo.
L’acquacotta era anche detta ‘Lu pane a mollu’. Nel territorio di Preci era insaporita con un soffritto di cipolla. In altri casi, la zuppa comprendeva più legumi e nei luoghi in cui si usava deporre offerte di cibo a Dio sul ceppo natalizio, come ad Acquaro di Preci, veniva versato un mestolo di acqua cotta con una bevuta di vino.
Il consumo dei legumi nel periodo del solstizio d’inverno risale a tradizioni precedenti la celebrazione del Natale cristiano. Molto apprezzate le fave, difficilmente però consumate alla vigilia di Natale perché in questo caso la zuppa veniva insaporita con l’osso del prosciutto o addirittura con la cotenna del maiale. A Collesolio di Cerreto, l’acquacotta veniva distribuita ai poveri assieme ad un pezzo di pane in occasione della festa di Sant’Antonio abate o in quella dei morti. A Scheggino la zuppa di fave era condita con battuto di lardo e cipolla soffritta.
(Fabiola Chàvez Hualpa, Le donne nel mondo rurale della Valnerina, Terni, tipolitografia Federici, 2012)
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