L’anello di Carvilio, un preziosissimo monile di notevole fattura, da duemila anni racconta l’amore di una madre per il suo giovane figliolo prematuramente scomparso.
Costituito da una verga cava in lamina appiattita e stampata, l’anello, custodito nel Museo Archeologico Nazionale di Palestrina, si allarga a formare un castone ovale che ospita una gemma in cristallo di rocca. Questo quarzo, chiamato dagli antichi “del colore dell’acqua limpida”, ha una superficie superiore convessa di taglio cabochon che mostra il busto di un personaggio maschile, molto probabilmente Carvilio Gemello, figlio di Aebutia Quarta. La gemma, è incavata internamente per un effetto lenticolare ed ha uno spessore massimo di circa 1,4 millimetri.
Analisi microscopiche hanno rivelato che l’anello, privo di segni di usura, fu probabilmente indossato solo durante la deposizione del corpo di Aebutia che ha voluto con sé per sempre l’immagine del giovane figlio perduto.
Fin qui la descrizione del monile, ma l’anello di Carvilio rappresenta molto di più di un oggetto di oreficeria di pregevole fattura, è il testimone silenzioso e perenne di un amore immenso come quello di una madre per suo figlio, e dell’altrettanto immenso dolore che quella madre ha provato perdendo il suo ragazzo appena diciottenne. Molto probabilmente, infatti, Aebutia, travolta da questo nefasto evento, ha voluto fissare nel monile l’immagine evanescente del suo amato ragazzo, realizzata da un finissimo orafo, ad eterna memoria.
Aebutia Quarta era una facoltosa matrona romana, madre di due figli avuti da due mariti diversi, proveniente da una potente famiglia di rango senatorio e sposa di altrettanto potenti coniugi anche se, al momento della morte, sembra non abbia avuto un compagno al suo fianco.
Carvilio Gemello, il figlio avuto da Aebutia con Tito Carvilio della famiglia Sergia, morì prematuramente forse per un’infezione dovuta ad una frattura del femore, rilevata durante l’analisi del suo corpo, o forse avvelenato da arsenico, rinvenuto in dosi importanti in occasione dell’analisi dei suoi capelli, fortunatamente conservati grazie ai procedimenti di mummificazione o imbalsamazione ai quali entrambe le salme furono sottoposte.
Madre e figlio sono stati ritrovati nella loro tomba a camera ipogea, rinvenuta in modo fortuito durante alcuni lavori nel 2000, e situata al X miglio della via Latina, nella località Ad Decimum, la stessa deove è situato un complesso di catacombre cristiane di epoca più tarda rispetto all’ipogeo chiamato “delle ghirlande”. La tomba, situata nei pressi dell’abitato di Grottaferrata, risale all’età flavia e conteneva i due sarcofagi marmorei con eleganti decorazioni a ghirlande ora conservati nel museo dell’Abbazia di San Nilo a Grottaferrata, Uno di questi apparteneva ad Aebutia Quarta, madre piissima di Antestia Balbina e Carvilio Gemello, indicando che la donna ebbe due figli da due diversi mariti, mentre l’altro sarcofago era di Tiberio Carvilio Gemello, morto a 18 anni e 3 mesi, sepolto insieme alla madre.
In collaborazione con Associazione Matavitatau