Una grande scoperta per la storia dell’arte e per l’ambiente strettamente legato all’artista Benozzo Gozzoli, tra i massimi esponenti del Rinascimento italiano. E’ quella avvenuta in questi giorni a Città della Pieve, grazie al recupero di pochi e sparsi frammenti, sopravvissuti alla distruzione della Pieve romanica seguita al rifacimento del nuovo duomo nel sec. XVII.
Una notizia che arriva sul finire degli interventi di recupero delle strutture architettoniche altomedioevali originali dell’antica chiesa pievana, diretti dall’ing. Michele Verdi e dall’Arch. Alfonso del Buono, sotto l’alta sorveglianza della Soprintendenza AA.AA.AA.P. dell’Umbria, con i finanziamenti della Fondazione Cassa di risparmio di Perugia e del Capitolo della Cattedrale di Città della Pieve. Restauri eseguiti dalla ditta Marcello Castrichini di Todi, autore anche di tutti i precedenti interventi che hanno riguardato il duomo pievese.
L’attribuzione del ciclo pittorico in questione a Benozzo Gozzoli è proposta dallo storico dell’arte Luca Castrichini che, rielaborando e seguendo indizi dello storico pievese Luca Marchegiani, vi ha immediatamente riconosciuto il modus operandi del pittore. Inequivocabile per i due studiosi l’utilizzo in questo cantiere di un modello identico ereditato da un precedente esito del pittore in quell’impresa dove era collaboratore, ben pagato, del Beato Angelico. Infatti la decorazione tripartita, con fasce verdi di alloro al centro, scure a sinistra e amaranto a destra, con fiori appena sbocciati, chiusi o completamente aperti, è opera di un medesimo cartone che Gozzoli ha proposto nei costoloni della cappella di San Brizio ad Orvieto e, successivamente anche nella cappella Nicolina a Roma, che farebbe datare gli affreschi di Città della Pieve (in origine era un vero e proprio ciclo nel quale si declinava tutto il suo campionario decorativo) al 1449 ca. Più precisamente al periodo successivo alla chiusura del cantiere di Orvieto.
“Seppure ci troviamo di fronte a pochi frammenti – riferiscono gli studiosi – colpisce la qualità di alcuni dettagli che miracolosamente sono giunti fino a noi. Tra questi il brano con un prato che, malgrado, la perdita dell’intera declinazione dei colori verdi, sembra un tratto distintivo del Gozzoli”.
Di questo ciclo sopravvive anche un altro frammento, molto interessante, che non è che la parte superiore dell’intradosso da dove partono oggi questi affreschi ritrovati e restaurati. Questo angusto piccolo antro che oggi si trova ad un piano superiore, relegato in un corridoio secondario e non accessibile, è la parte superiore di un parato murario (forse in origine la facciata della struttura architettonica originale), in origine dipinto, caratterizzato da un grande arco. In pochi centimetri di superficie si trovano due porzioni di tondi con all’interno due sante: S. Maria Maddalena e santa con velo e palma fiorita (forse Santa Filomena) uniti da una decorazione a girali con fiori e boccioli ed angeli monocromi, di grandissima qualità.
Lo studio proposto da Luca Castrichini, è destinato a proseguire e a breve saranno pubblicati gli esiti.
“L’importanza della scoperta non può passare inosservata”, commenta Luca Marchegiani, esperto di storia pievese, nonché responsabile del Fai Trasimeno, che aggiunge: “Il ritrovamento di importanti porzioni di affreschi nelle cripte del Duomo dei Santi Gervasio e Protasio, offre un’occasione unica per Città della Pieve, ma ha una valenza che va ben oltre la città. Si tratta di una delle rarissime tracce di pittura riconducibili al XV secolo superstiti, che denotano la presenza di importanti artisti toscani in città. Il ritrovamento ha ancora più valore per il fatto che nel corso dei secoli, con i lavori di ristrutturazione di molte chiese cittadine, è andata persa una grandissima parte del patrimonio artistico precedente al XVI. Conserviamo infatti solo alcuni importanti affreschi di scuola senese del XIV”. “Riscoprire questi affreschi – dichiara inoltre Marchegiani – poter proseguire nei lavori, riportare alla luce le notevoli porzioni di quelli celati, potrebbe fornirci informazioni fondamentali anche per riscrivere la storia del Perugino in quei primi anni di attività che rimangono ancora per lo più oscuri, capire quale fosse l’ambiente culturale che si respirava nella Castel della Pieve in cui muoveva i primi passi, potrebbero essere tasselli importantissimi, una grande scommessa per Città della Pieve e non solo”.
Quelle denominate come le cripte del Duomo, rappresentano la struttura gotica cittadina meglio conservata e, insieme ad alcune porzioni delle mura perimetrali ed alcuni frammenti lapidei, molto probabilmente le uniche parti superstiti dell’antica pieve gotico-romanica, demolita per fare spazio all’ampliamento della chiesa moderna.