Audrey Hepburn: una nuova biografia a 30 anni dalla scomparsa

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Impareggiabile icona di grazia e di eleganza, Audrey Hepburn è stata la diva più amata della storia del cinema. Il racconto della sua vita, intensa e appassionata, viene ripercorso in una nuova biografia edita da White Star, in libreria dal 22 Novembre 2022. Pubblicata in contemporanea in 6 edizioni internazionali, è illustrata da 150 splendidi ritratti che raccontano lo stile senza tempo della leggendaria protagonista di Colazione da Tiffany.

Audrey Hepburn è scomparsa esattamente trent’anni fa, il 20 gennaio 1993. Eppure il suo fascino resta più attuale che mai, tanto da essere ancora oggi un modello di riferimento per le nuove generazioni. La storia della sua vita e l’evoluzione del suo stile procedono di pari passo in questo libro illustrato da 150 meravigliose immagini. Ci sono i ritratti firmati dai più celebri fotografi della storia, come Richard Avedon che ha definito l’immagine di Audrey Hepburn plasmando la sua carriera, ma anche le fotografie scattate sul set durante la produzione dei film e le locandine dei grandi successi cinematografici, oltre alle rare istantanee di famiglia che la ritraggono lontano dai riflettori, nella quotidianità.
Accanto alle immagini, il testo di Chiara Pasqualetti Johnson ripercorre la storia dell’attrice con la scrittura scorrevole che ha portato al successo il suo precedente bestseller, Coco Chanel. La rivoluzione dello stile (White Star, 2020).

In questa nuova biografia, rende omaggio a un’altra donna straordinaria, mettendo in evidenza le qualità di una star leggendaria che ha saputo condurre una vita intensa, senza mai perdere la sua vera identità. “Audrey Hepburn ha impersonato fin dal suo debutto un mix irresistibile di candore e charme. Ma dietro tanto successo c’era una montagna di lavoro, impegno e dedizione.
Donne favolose come Audrey non esistono per caso, o per un colpo di fortuna. Benché nata in una famiglia agiata e cresciuta in un ambiente cosmopolita, era stata privata di un’infanzia felice dalle ristrettezze della guerra. Sognava di diventare ballerina, ma trovò la sua strada nel cinema, impersonando ruoli indimenticabili, come Holly Golightly in Colazione da Tiffany, la principessa Anna di Vacanze Romane, Eliza in My Fair Lady”, scrive l’autrice nella prefazione. In un’epoca in cui la femminilità aveva la sua dea in Marilyn Monroe, lei si impose con il suo fisico minuto e un sorriso disarmante. Alta, sottile, educata, sempre sorridente, conquistava attori e registi con lo sguardo da cerbiatta e i suoi modi gentili. Lontana dalle stravaganze e dai vizi hollywoodiani, era una
vera professionista, disciplinata e colta.
La scelta della semplicità per Audrey non era solo una questione di stile, ma una regola di vita. Rispecchiava la sua vera essenza, manifestandosi, prima ancora che negli abiti, nei gesti e nello sguardo. Per questo lo “stile Audrey” divenne una componente fondamentale del successo dei suoi film. Non c’era, e forse non c’è più stata, nessuna altra star, nel cinema come nella moda, dotata della sua stessa naturale eleganza, portata apparentemente senza sforzo. La sua allure era fatta di pantaloni a sigaretta, ballerine rasoterra, scollature a barchetta, foulard annodati sapientemente e una frangetta sbarazzina. Ben presto la moda si innamorò di lei, e viceversa. A cominciare dallo stilista Hubert de Givenchy, con il quale stabilì un sodalizio tra i più duraturi e straordinari della storia del cinema.

Consapevole dei suoi pregi, ma ancor più dei suoi difetti, Audrey era convinta che ogni donna dovesse trovare il proprio look per poi adattarlo ai cambiamenti della moda, e non viceversa, in un vorticoso cambio di armadi a ogni stagione. In questo modo anticipava valori che stanno finalmente tornando attuali, ossia l’idea di possedere pochi capi, ma di qualità e duraturi.
“Sapeva valorizzare in maniera straordinaria un fisico quasi androgino, indossando con la stessa classe un semplice dolcevita nero o gli strepitosi abiti di scena dei suoi film. Eppure, dietro ognuna di quelle meravigliose creazioni, traspare sempre l’anima di Audrey, a dimostrazione del fatto che non basta essere in grado di indossare bene un capo, ma si debba anche riempirlo di personalità. Molto più che semplici costumi, quegli abiti diventavano per lei una corazza in cui sentirsi protetta. Perché Audrey era una stella che non riusciva a vedere la propria luce. Non era la donna perfetta. Del resto, nessuna di noi lo è. Lei, però, era stata condannata dal suo stesso successo a impersonare un modello ideale da imitare e da ammirare, tanto che per molto tempo è stato vietato ricordare (o immaginare) cosa si nascondeva dietro il suo sorriso luminoso.

Sotto quell’apparente serenità, in realtà era molto vulnerabile. La ferita provocata dall’abbandono di suo padre, quando era appena una bambina, non si era mai rimarginata, lasciandole un’immensa sete d’amore che contribuirà a fare di lei quel mito di delicata fragilità di cui tutti finivano per innamorarsi”, conclude l’autrice Chiara Pasqualetti Johnson.
Il libro segue l’intera esistenza dell’attrice, mescolando al racconto le immagini che la ritraggono anche nella seconda parte della sua vita, quando decise di ritirarsi dal set. Stanca delle luci della ribalta, a quarant’anni scelse di lasciare il cinema per dedicarsi alle cose che per lei contavano davvero, la famiglia e i figli. A differenza di altre star, Audrey Hepburn non ha mai voluto congelare la sua immagine, sovrapponendola a quella perfetta del suo passato da attrice: quasi inconsapevole del suo fascino, mostrava orgogliosa i segni del tempo. Più bella che mai, poco prima di compiere sessant’anni divenne ambasciatrice di buona volontà dell’Unicef, chiudendo idealmente il cerchio di una storia iniziata all’epoca della sua infanzia. Vittima lei stessa degli orrori della guerra, dedicò le sue ultime energie ai bambini del Terzo Mondo. Una scelta fatta con il cuore, capace di trasformare la stella di Hollywood in un modello di vita.

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