di Katia Cola
Un incantevole viaggio, sublime elogio della bellezza, tra i capolavori di Benozzo Gozzoli a Montefalco nonchè un “dialogo” tra due grandi esponenti della pittura toscana, Giotto e Benozzo: è questo in sintesi il contenuto del libro i “I Cartoni colorati di Benozzo. Riflessioni sulle opere pittoriche di Montefalco” di Monica Paggetta.
Non un accademico workshop, ma l’amore per l’arte raccontato loquacemente attraverso l’arte: è questo il fil rouge della presentazione del volume tenutasi sabato 22 settembre nella Sala Consigliare del Comune di Montefalco nel corso della quale sono intervenuti Monica Paggetta autrice del volume, Daniela Settimi Assessore al Turismo e alle Manifestazioni Culturali, e Sergio Carrivale, FNG Art in Life Editore.
I “Cartoni colorati” è il titolo dall’alto valore emblematico che, come ha spiegato l’autrice del volume, è legato all’epiteto dalle tonalità dispregiative con la quale il Longhi definì Benozzo designandolo come “autore di cartoni colorati”. Benozzo Gozzoli, quel pittore dall’incerta fortuna critica tanto stroncato dal Vasari e dal Longhi quanto amato dai preraffaelliti. Nato tra il 1420 ed il 1421 nel villaggio di Sant’Ilario a Colombano, Benozzo di Lese nel 1427 si trasferì con la famiglia a Firenze dove ebbe inizio la sua formazione professionale che, come citato nella biografia a lui dedicata dal pittore e storico aretino Giorgio Vasari, si svolse sotto la guida del domenicano fra Giovanni da Fiesole, il Beato Angelico, accanto al quale lavorò per un decennio.
Tra il 1447 ed il 1449 Benozzo infatti, divenne collaboratore dell’Angelico nei suoi capolavori in Vaticano e ad Orvieto. E’ il 1447 l’anno in cui Benozzo lascia l’amata Firenze e giunge a Roma dove i pontefici Eugenio IV e Niccolò V gli affidano la realizzazione di prestigiose commissioni. Il 1449 segna un anno decisivo nella vita dell’artista che, non solo conclude gli affreschi della Cattedrale di Orvieto, ma termina il suo sodalizio artistico con l’Angelico raggiungendo una propria fisionomia artistica ed un’autonomia espressiva. Nel 1450 fu chiamato a Montefalco dai francescani per i quali inizialmente decorò il monastero di San Fortunato. A questa commissione seguì quella del teologo e predicatore Fra Jacopo che gli propose di realizzare gli affreschi per la chiesa del convento di San Francesco per ritrarre le scene della vita del Santo come “alter Christus”. La vicinanza della città di Montefalco ad Assisi, sede dell’edificio francescano, non impedì al ciclo di Benozzo di differenziarsi rispetto agli episodi delle “Storie di San Francesco” affrescate da Giotto nella Basilica superiore, alle quali tradizionalmente gli artisti si ispiravano.
«E’ da questo spirito innovativo di Benozzo, da questo suo traslare il Rinascimento fiorentino, che è nata l’idea e l’intenzione di realizzare questo volume. Un confronto, o meglio, un dialogo tra i due più grandi artisti del Rinascimento, per dimostrare come una stessa tematica possa essere affrontata diversamente, non solo dal punto di vista stilistico o squisitamente artistico, ma anche per ciò che concerne il tema tout court e la fonte consultata pre affresco che per Benozzo è il “De Conformitate Vitae B. Francisci ad vitam D.ni Jesu” di frà Bartolomeo da Pisa» ha spiegato l’autrice Monica Paggetta nel corso della presentazione del volume, sottolineando che «Nella Basilica di San Francesco ad Assisi Giotto dispose ventotto scene occupando una sola parete su un solo registro mentre Benozzo raffigurò le storie su tre livelli adattando gli affreschi alla struttura dell’abside e rappresentando più eventi all’interno di uno stesso riquadro. I dodici riquadri, per un totale di diciannove episodi, hanno un ordine di lettura che procede da sinistra verso destra e dal basso verso l’alto. Questa modalità descrittiva, che volutamente non rispetta una sequenza cronologica, era stata autorizzata da San Bonaventura noto come il biografo di San Francesco».
Un’altra caratteristica del ciclo di Benozzo, che lo differenzia da quello di Giotto, è l’esclusione dei miracoli avvenuta post mortem Francisci contrariamente a ciò che si vede ad Assisi dove assumono un’importanza maggiore rispetto ai prodigi compiuti in vita. «Da notare, come si evince dagli affreschi di Benozzo, la sua opera di attualizzazione della vitae Francisci mediante l’espediente dell’ambientazione degli episodi in un contesto moderno per l’epoca, con paesaggi e architetture tipiche di quegli anni» ha spiegato la Dottoressa Paggetta.
«Un lavoro molto certosino e complesso» così ha definito il volume l’Assessore Daniela Settimi che ha dato il via agli interventi complimentandosi con l’autrice. «Se il museo di San Francesco, tra il 2015 ed il 2016, ha raggiunto i 28 mila visitatori è anche grazie alle capacità attrattive dell’abside affrescato da Benozzo» ha aggiunto l’assessore ricordando il legame imprescindibile che unisce, da illo tempore, Benozzo alla Ringhiera dell’Umbria.
Una sorta di simbiosi testimoniata anche dalla missiva autografa che Benozzo inviò a Michele di Felice Brancacci in cui scriveva “Ora m’è ochorso un poco de chaso e non mi posso partire per de qui». Lettera che come ha ricordato l’Assessore Settimi dopo ben 561 anni, nell’aprile 2014, grazie al progetto “Montefalco nel cuore” è tornata nel luogo natio. «Un libro che si interessa del territorio nonché il felice dialogo a colpi di affreschi tra Benozzo e Giotto» con queste parole piene di stima e gratitudine Sergio Carrivale ha delineato la fisionomia del volume “Cartoni colorati” di Benozzo. Riflessioni sulle opere pittoriche di Montefalco di Monica Paggetta.