All’estremità del Borgo Nuovo di Todi, addossata alla cinta medievale delle mura, proprio all’ingresso di Porta Perugina (originariamente chiamata Porta di San Biagio), sorge la piccola chiesa di Sant’ Eligio, presente già in documenti del 1269 e probabilmente fatta costruire dalla famiglia Leoni.
Dal 1500 fu sede della Confraternita laica della Misericordia, un’opera pia dedita a fornire di dote le ragazze povere altrimenti destinate a rimanere zitelle. La chiesa, prima intitolata alla Santa Croce, in quest’epoca fu dedicata a San Michele Arcangelo, in omaggio al vescovo Angelo Cesi, e furono effettuati lavori di ampliamento del precedente edificio, sono infatti visibili le mura esterne della chiesa che si “appoggiano” alla Porta di accesso alla città.
La tradizione di costruire Chiese vicino alle porte di ingresso delle città fortificate era in passato molto comune, era una sorta di “doppia difesa”: le mura proteggevano dagli attacchi dei nemici, le Chiese dalle forze maligne.
Con l’avvento delle nuove tecnologie belliche, sempre nel ‘500, viene costruito, lungo le mura, il bastione a pianta circolare. Tale costruzione permetteva di meglio schivare i proiettili delle armi da fuoco ed al tempo stesso ospitare artiglieria pesante sulla sua sommità.
Venute a decadere le esigenze di difesa, dietro richiesta, venne concesso dal Comune l’uso del bastione come sagrestia, essendo adiacente alla chiesa, a patto che venisse restituito al suo uso precedente ogni volta ce ne fosse stato bisogno.
L’interno, a navata unica, presenta un ciclo di affreschi con scene della vita della Madonna, realizzati, in parte, dal Domenico Spoldi. Da notare il riquadro raffigurante il vescovo Cesi nell’atto di distribuire sacchettini di danaro alle ragazze povere.
Dalla partenza della Confraternita, nel 17° secolo, a cui venne assegnata la chiesa della Nunziatina, Sant’Eligio conobbe un periodo di abbandono, fino al 1776 quando divenne la sede della Corporazione dei Fabbri.
A Todi furono presenti un discreto numero di Confraternite di Arti e Mestieri: in un atto del 1337 se ne contano addirittura 21: Mercanti, Notai, Cappellai, Calzolai, Pellipari, Merciai, Muratori, Magister Legnaminis, Fabbri, Orefici, Sarti, Bambaciari, Tabernari, Lanaioli, Speziali, Macellai, Pizzicaroli, Barbitonsori, Camagnaioli, Vasai, Fornai.
Sull’altare campeggia un quadro del 1777 raffigurante i Santi Michele Arcangelo ed Eligio di Noyon, patrono dei fabbri, raffigurato con le sue prerogative: la corona d’oro e l’incudine. A Sant’Eligio, orefice e fabbro francese che visse nel 7° secolo d.C., furono attribuiti diversi miracoli, tra i quali quello della ferratura di un cavallo particolarmente irrequieto che nessun maniscalco riusciva a ferrare: leggenda vuole che il santo gli staccò le zampe, le ferrò e le riattaccò alla bestia.
Un amico lettore, cultore della nobile arte del mascalcià (maniscalco), mi racconta la versione ufficiale di tale leggenda, che qui riporto fedelmente:
“Dunque…il nostro Eligio era un valente fabbro ferraio, tra l’altro estremamente caritatevole e generoso, ma con un difetto, la presunzione nel mestiere. Così un giorno si presentò da lui un tale con un cavallo particolarmente focoso e difficile da ferrare. Il tale, che era il Cristo ma Eligio non lo sapeva, provocò Eligio dicendogli che non sarebbe riuscito a ferrare il cavallo e che lui lo avrebbe fatto meglio e in minor tempo.
Non l’avesse mai detto: sudando le fatidiche sette camicie, il fabbro si tuffò anima e corpo nella difficile impresa riuscendo finalmente a piazzare un ferro sullo zoccolo del recalcitrante animale. Lo sconosciuto sorrise e disse che avrebbe fatto di meglio.
Infatti con l’accetta troncò di netto la zampa dell’animale, la chiuse nella morsa, gli livellò lo zoccolo asportando l’unghia superflua e gli appoggiò il ferro inchiodandolo alla perfezione. Dopodiché riattaccò la zampa…Lasciando Eligio confuso, nella consapevolezza che chi era andato a trovarlo era nientemeno che il Cristo.
Così Eligio imparò a diventare santo.”
Nella sacrestia/bastione è visibile anche un affresco raffigurante Santa Lucia, Santa alla quale i fabbri erano molto devoti, perché esposti frequentemente ad incidenti agli occhi.
Da una scala attigua alla chiesa, fatta di mattoni messi “a coltello”, poetica per le sue condizioni precarie ma resa fruibile dalle pedate in legno, è possibile accedere alla sommità del bastione. Da questa posizione esclusiva e privilegiata è possibile ammirare da vicino il piccolo campanile a vela con tre campane, i merli guelfi delle mura con le loro feritoie, mentre lo sguardo si apre sulla valle circostante e su uno scorcio di Todi assolutamente inedito.
di Benedetta Tintillini
Si ringrazia: FAI Todi e Valerio Chiaraluce; Sproviero per la leggenda di Sant’Eligio.