Nessuno lo sospetterebbe, ma a Roma, a due passi dal centro, è conservato un vero e proprio cimitero degli elefanti preistorici.
Il territorio a nord-ovest di Roma, oltre a possedere una notevole valenza dal punto di vista storico, conserva anche importanti testimonianze geologiche e paleontologiche!
Ci troviamo nell’area della campagna romana, a breve distanza dal Vulcano Sabatino, anticamente caratterizzata da una grande abbondanza di vegetazione, con una notevole presenza di corsi d’acqua e ampie zone paludose.
Qui, circa 20 km a nord-ovest di Roma, fra le vie Aurelia e Boccea, si trova il sito della Polledrara di Cecanibbio, uno dei più ricchi depositi paleontologici esistenti.
Un luogo a due passi da casa nostra, in cui è possibile immergersi nella Preistoria ed osservare direttamente testimonianze della presenza umana (Homo heidelbergensis) e animale, risalenti al Pleistocene medio-superiore, circa 300.000 anni fa.
Questo giacimento conserva in una estensione di circa un chilometro quadrato, migliaia di resti fossili!
Esso consiste in un paleoalveo conservato, con una larghezza massima di circa 50 m, che durante il Pleistocene medio-superiore incise il banco di tufite granulare compatta.
All’interno dell’antico tratto di alveo, sono stati rinvenuti numerosi resti faunistici dell’epoca, oltre a strumenti in selce/osso e tracce di macellazione/fratturazione delle ossa, che documentano la presenza umana (testimoniata anche dal ritrovamento di un molare deciduo di bambino, attribuibile a Homo heidelbergensis).
“Sparsi tra i reperti faunistici sono stati raccolti quattrocento strumenti litici, culturalmente riferibili al Paleolitico inferiore. La materia prima, costituita da piccoli ciottoli silicei e calcareo-silicei di colore variabile dal grigio al grigio scuro, non appartiene all’ambiente fluvio-palustre ricostruito, ed è stata evidentemente trasportata dall’uomo. Questi si procurava il materiale nei livelli a ghiaie attribuibili alla Formazione Galeria, i cui affioramenti sono attualmente individuabili alla quota di 40-45 metri s.l.m. lungo la parte terminale dei fossi Arrone e Galeria, ad una distanza minima di tre km dal giacimento de La Polledrara”. (A. P. Anzidei et al., Castel di Guido – dalla Preistoria all’Età moderna, 2001).
La fauna ivi presente, è costituita per la maggior parte da grandi mammiferi, come ad esempio, l’elefante antico (Palaeoloxodon antiquus), il bue primigenio (Bos primigenius) e il cervo elafo (Cervus elaphus). Sono stati trovati anche resti di altri animali, come ad esempio il cavallo, il lupo e molti uccelli acquatici.
I numerosi resti sono dovuti sia al trasporto durante le fasi di piena dell’antico corso d’acqua, con successiva deposizione sul fondo al diminuire della corrente, sia all’intrappolamento diretto dei grandi mammiferi, nel momento in cui tale paleoalveo si era trasformato in una zona di paludosa, ricca di fango e con acque stagnanti.
“Lo stato di conservazione è ottimo; le ossa presentano un buon grado di fossilizzazione ed un aspetto delle superfici vario, da quello molto fresco nei reperti che hanno subito poco o meno trasporto, a quello fortemente fluitato per quelli di minori dimensioni trascinati dalla corrente.
I reperti erano stati successivamente seppelliti, in un tempo relativamente breve, da uno strato di tufite, derivata da prodotti vulcanici rimaneggiati” (A. P. Anzidei et al., Castel di Guido – dalla Preistoria all’Età moderna, 2001).
Questo importantissimo sito archeologico, uno dei più ricchi e meglio conservati del pianeta e, sicuramente, il più grande d’Europa ma, ahimè, attualmente risulta chiuso al pubblico.
Mentre in precedenza infatti, erano previste delle aperture del Museo in occasione di visite guidate programmate, all’interno della struttura museale (costruita in occasione del Giubileo dell’anno 2000), al momento invece, non è più accessibile e fruibile ai cittadini.
Noi dell’Associazione Culturale Cornelia Antiqua, ci auguriamo che torni al più presto ad essere aperto ai visitatori, in modo che finalmente potremo tornare tutti a beneficiare di questa grande testimonianza storica presente nel nostro territorio!
Franco Leggeri
Sono un archeologo preistorico della Valle Camonicae mi occupo prevalentemente di arte rupestre,
Con il Professor Antonio Radmilli ho partecipato allo scavo el ricordo il sito di eccezionale ricchezza
E’ un vero peccato che un sito del genere, musealizzato, sia chiuso al pubblico, anzi è demenziale perché oltre ad essere un sito culturalmente importantissimo, potrebbe essere anche economicamente produttivo
Grazie dott. Priuli per la sua testimonianza. Purtroppo il destino del sito citato nell’articolo è comune a tanti, troppi, altri siti del nostro Paese, lei lo sa meglio di noi; purtroppo non riusciamo, o non vogliamo, capire che il nostro giacimento d’oro è proprio nella ricchezza dei siti e delle testimonianze culturali che possiamo vantare. Ma ciò non toglie che vogliamo insistere nel promuovere il bello, il positivo, la speranza; questo è lo spirito del nostro giornale. Se ha, o avrà, contenuti che vorrà condividere con noi, saremo felici di crescere in cultura e conoscenza (come ha potuto vedere non ci occupiamo solo di Umbria). La saluto cordialmente.
Benedetta Tintillini, direttrice respinsabile.