Con un comunicato alla stampa le tre consigliere di parità dell’Umbria: per la Regione Umbria Monica Paparelli per la Provincia Perugia Giuliana Astarita e per quella di Terni Maria Teresa Di Lernia, intervengono sulla composizione del nuovo consiglio camerale che riserva una rappresentanza marginale alla presenza femminile.
“Il nuovo consiglio camerale, scrivono le tre consigliere, insediato il 28 gennaio 2021, vede la presenza di sole 9 donne su 33 membri (15%).
Il consiglio rappresenta il tessuto produttivo in agricoltura, industria, artigianato, commercio, servizi alla persona, servizi alle imprese e cooperazione di questa regione, ragion per cui appare legittimo chiedersi: è così drammatica la situazione delle imprenditrici nella nostra regione?
Sicuramente, dati alla mano, le imprenditrici “pagano un conto salato alla pandemia”: hanno bisogno di maggior supporto economico, sono meno fiduciose degli uomini circa un rapido rientro alla produttività al termine della pandemia e le iscrizioni di nuove aziende guidate da donne in Umbria sono scese di oltre il 30% nell’ultimo anno.
Ma la composizione della nuova Camera di Commercio dell’Umbria ci consegna un’immagine del tessuto imprenditoriale umbro che va oltre la contingenza, in vero datato e immobile, con gli uomini in posizione apicali e le donne ai margini.
Ma vi è di più. All’insediamento del consiglio camerale, il 15 febbraio seguiva l’elezione della giunta camerale che nella sua composizione vede 1 sola donna su 8 membri (12,5%), eletta con un solo voto di preferenza nella categoria obbligatoriamente rappresentata del commercio e in virtù del fatto che la normativa di riferimento (art 3, comma 2, L. n. 580/93 e art 10, comma 6, D.M. n. 156/2011) obbliga alla presenza di entrambi i generi nella giunta.
Un passo indietro per il tessuto imprenditoriale femminile della nostra regione, che paga, in termini di rappresentanza, l’intervenuta unificazione delle camere di commercio provinciali in un unico ente regionale, potendo in precedenza contare sulla presenza di una donna in ciascuna giunta camerale.
Certo è che l’assenza di donne nei posti apicali si riflette inevitabilmente nelle scelte che ogni organo è chiamato a compiere e nella visione politica di sua competenza e, con amarezza, si evidenzia che a nulla valgono gli esempi in cui la presenza di un maggior numero di donne nei posti apicali ha portato a situazioni di sostanziale miglioramento e innovazione.
In mancanza di una visione paritaria dello sviluppo di un paese e della nostra regione, condizione necessaria per una vera ripresa economica, forse sono solo le quote obbligatorie a permettere la rappresentanza delle donne negli organi politici o nei consigli di amministrazione.
Se interventi normativi di quasi dieci anni fa – che hanno imposto percentuali definite di presenza delle donne nelle giunte di comuni e province o nei consigli di amministrazione delle società quotate – hanno assicurato benefici, pur non producendo ancora quel cambiamento culturale necessario, bisognerà agire a livello centrale per estendere tali normative alle società pubbliche e ad enti di secondo livello.
Sarà uno dei temi – concludono le Consigliere – che proporremo con urgenza in sede di Assemblea nazionale delle Consigliere di Parità presso il Ministero del Lavoro, convinte che il nostro paese e la nostra regione non possano permettersi più quei ritardi culturali e quelle rendite di potere che di fatto ostacolano la crescita e la ripresa di tutti”.