Il libro “Passato prossimo – donne romane da Tacita a Sulpicia” racconta storie di donne nell’Antica Roma, lontane, ma non poi così tanto, utili per meglio comprendere il nostro presente.
Sono passati più di 2000 anni ma, nonostante il tempo, conoscere il ruolo delle donne nell’Antica Roma può aiutarci a meglio comprendere la situazione attuale, i percorsi attraverso i quali siamo a questo punto, da dove siamo partite e dove dovremo arrivare.
Parte da Tacita Muta il libro di Eva Cantarella, il viaggio attraverso la condizione femminile nella Roma antica muove i primi passi dalla dea che non aveva il dono della parola. Questo era l’esempio da seguire per le donne che hanno vissuto prima della Repubblica: tacere, perché le donne non erano in grado di formulare concetti, filare la lana ed attendere alla casa. Nulla di più per esseri umani che, lungo tutta la loro vita, non avevano la possibilità di decidere per se stesse, passando dalla potestà paterna a quella del marito o, eventualmente, in quella dei tutori.
Lungo l’arco dei secoli la condizione femminile è lentamente e faticosamente cambiata, fino a riuscire ad ereditare beni e disporre dei propri averi anche se ciò non ha implicato, di pari passo, la conquista di diritti in campo sociale.
Nelle pagine di “Passato prossimo – donne romane da Tacita a Sulpicia” ritroviamo eroine come Lucrezia e Orazia: la prima portata ad esempio delle virtù della donna romana, che si dona la morte piuttosto che vivere nella vergogna di essere stata stuprata, la seconda additata come esempio della paericolosità della donna, che cede all’amore piuttosto che essere fedele a Roma. Lucrezia, moglie di Collatino, infatti si toglie la vita con una daga dopo essere stata posseduta da Sesto Tarquinio, mentre Orazia (sorella dei più famosi Orazi) viene uccisa dal fratello superstite allo scontro con i Curiazi perché avrebbe preferito che a suo fratello fosse sopravvissuto il Curiazio da lei amato. E’ da notare che Orazia non possiede un suo nome, ma lo prende dai suoi fratelli, infatti le donne, durante il periodo dei Re, non avevano un loro nome ma acquisivano quello della loro famiglia.
Il volume si chiude con la figura di Sulpicia, l’unica donna ad aver lasciato testimonianze scritte di suo pugno, al contrario delle precedenti, le cui figure ci sono state tramandate da scritti maschili.
Benedetta Tintillini