Venerdì 15 giugno nel Duomo di Siena, il rettore dell’Opera della Metropolitana, Gian Franco Indrizzi, ha presentato il restauro del Pulpito di Nicola Pisano.
Un complesso e articolato contratto, ancor oggi conservato, attesta che il 29 settembre 1265 l’Opera del Duomo di Siena commissionò a Nicola pisano l’esecuzione di un Pulpito marmoreo, che il grande architetto e scultore portò a termine nel giro di tre anni con l’aiuto del figlio Giovanni e degli allievi Arnolfo di Cambio e Lapo.
La monumentale struttura architettonica, interamente coperta di altorilievi scolpiti, fu sistemata nella zona destra dello spazio sottostante la cupola e qui rimase fino al 1506, quando fu totalmente smontata e rimase in attesa della collocazione attuale, che fu terminata nel 1543.
Nel momento più alto della sua attività, Nicola seppe concepire un formidabile capolavoro, che resta fra le maggiori creazioni artistiche del Duecento; un’opera che fu condizionante per generazioni di maestri dediti tanto alla scultura quanto alla pittura.
Oggi abbiamo la fortuna di avere ancora sostanzialmente conservato il Pulpito, nonostante alcune diminuzioni avvenute col rimontaggio cinquecentesco e a causa dell’invecchiamento secolare. Questa situazione rende unico il monumento senese rispetto a complessi analoghi come il Pulpito del Battistero di Pisa, compiuto dallo stesso Nicola nel 1259, e i Pulpiti di Giovanni pisano della chiesa di Sant’Andrea a Pistoia e del Duomo di Pisa, che invece sono stati completamente dilavati e si presentano con le nude e bianche superfici marmoree, come se fossero appena uscite dalle mani degli scultori.
Nel Pulpito di Siena, sotto la polvere e l’affumicamento delle candele votive, sono state recuperate tanto la patina generale quanto i resti delle colorazioni e delle dorature, che davano alle animate figurazioni una gradevole apparenza naturalistica. Le più cospicue testimonianze di queste indispensabili finiture cromatiche si trovano ovviamente nei sottosquadri delle figure scolpite e negli anfratti più profondi degli altorilievi, dove non ha potuto agire la lenta ma inesorabile consunzione dovuta a poco accorte manutenzioni.
L’intervento di restauro ha tenuto conto del fatto che il Pulpito duecentesco è stato in parte manomesso nel Cinquecento e col rimontaggio è stato dotato di un’elaborata scala in marmi, che s’avvolge a spirale sul pilastro prossimo al monumento di Nicola.
Questa situazione ha consigliato un attento studio di carattere archeologico della struttura architettonica così formata, che ha permesso di prendere cognizione del complesso intervento attuato con il progetto dell’architetto Baldassarre Peruzzi. Infatti, il complesso ha subito una riduzione dei rilievi istoriati, che sono stati amputati delle originarie incorniciature, e pure una manomissione delle sculture angolari, in origine immaginate con la tipica struttura delle Säulen Figuren, vale a dire le statue legate alle colonne, che sono tipiche della cattedrali gotiche d’oltralpe.
Per quanto riguarda l’operazione più importante e difficile della pulitura generale, è stato calibrato il grado, partendo dalla scelta più tenue, che è indicata dalla parte cinquecentesca della scala, dove si trovano rilievi scolpiti in basso rilievo, per imitare gli effetti delicati della glittica, vale a dire degli intagli su pietre preziose con tutte le tipiche gradazioni cromatiche di questi manufatti artistici.
Il restauro di questa complessa opera è stata un’impresa di estrema delicatezza e una sfida a stare al passo con i tempi, se non a superarli, con l’obiettivo di formare una documentazione che dà conto di quanto si è trovato, vale a dire che ha preso atto dello stato conservativo attuale, e ha creato un archivio informativo sul risultato dell’intervento. Per questi motivi si è ricorso a ogni tecnica tradizionale e all’avanguardia: dalle relazioni scritte, alle analisi chimiche delle materie, dalla lettura storica dell’architettura con le tecniche dell’archeologia stratigrafica alle elaborazioni grafiche, dalle riprese fotografiche professionali del visibile a quelle con i raggi ultravioletti, dalle riprese in fotogrammetria alla restituzione del complesso in 3D.
Questa iniziativa non solo si è proposta di assicurare conservazione al Pulpito, ma ha anche cercato di cogliere l’irripetibile occasione per imbastire su questo monumento uno studio globale e approfondito di carattere storico, architettonico e scientifico, che solo un restauro può fornire. L’impegno era di raggiungere un obiettivo finale degno di interesse e di rispetto, tenendo conto delle aspettative del mondo degli studi e del restauro e dell’attenzione del pubblico. A entrambi si è cercato di garantire la massima trasparenza e la più dettagliata informazione sull’intervento. Finite le operazioni di restauro vero e proprio sarà fornita una serie di elaborati sulle operazioni eseguite e una ricostruzione virtuale dell’aspetto originario del Pulpito.
Hanno dato e continueranno a fornire una fattiva collaborazione al restauro il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Siena e l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze. La Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Siena, Grosseto e Arezzo ha svolto l’alta sorveglianza sull’intervento. L’Opera della Metropolitana di Siena, ente proprietario del Duomo, ha assicurato il sostanziale impegno economico per il restauro, con il contributo della Fondazione Monte dei Paschi di Siena, e ha garantito la massima apertura a tutte le collaborazioni utili alla migliore riuscita dell’intervento.