Lo scorso 7 aprile dalla piattaforma di ghiaccio del Nansen in Antrartide una imponente massa di ghiaccio delle dimensioni di circa 150-160 chilometri quadrati si è staccata dando vita a due grossi iceberg. Durante l’ultimo secolo, solo altre due volte simili masse di ghiaccio si sono staccate dalla stessa piattaforma: una distesa di ghiaccio che si trova appena a sud della Stazione Italiana costiera Mario Zucchelli. “Negli ultimi anni in questa piattaforma si era formata una grande frattura, che nel tempo si era allarga ed estesa fino al punto di far presagire un distacco massivo”, spiega Vito Vitale dell’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Isac-Cnr).
“Le piattaforme galleggianti che circondano le coste del continente Antartico – prosegue Vitale – sono soggette a un equilibrio molto più delicato e rispondono con maggiore sensibilità ai cambiamenti climatici rispetto al ghiaccio che si trova sulla terraferma. E ciò a causa del fatto che esse sono soggette a fondersi da entrambi i lati: alla superficie in conseguenza dell’aumento di temperatura dell’aria; dal fondo in conseguenza dell’aumento di temperatura delle acque oceaniche. E che tali processi che indeboliscono la piattaforma si combinano con i naturali movimenti provocati dalle maree, dalle onde e dalle correnti marine”, prosegue Vitale.
All’inizio di marzo 2016, cioè all’inizio per l’area di Baia Terra Nova del lungo inverno antartico, le immagini satellitari fornite dal satellite Sentinel-2 del Programma Europeo Copernicus, e una combinazione di immagini Sar (sintetic Aperture radar), fornite sia dal satellite europeo Sentinel-1A che dai satelliti della missione Italiana che contribuisce al Programma Copernicus, Cosmo-Skymed, indicavano che il fronte di ghiaccio era oramai rimasto attaccato molto debolmente alla piattaforma galleggiante. Prima che le condizioni di illuminazione solare diventassero sfavorevoli, Sentinel-2A ha catturato una serie di immagini della piattaforma di ghiaccio Nansen in cui si osserva la frattura estendersi ed aprirsi molto rapidamente. Il primo aprile, la frattura ha raggiunto la sua lunghezza massima prima che il processo di distacco iniziasse.
L’immagine radar catturata dal satellite Sentinel-1A il 6 Aprile, mostra che il giorno prima di recidere definitivamente il fronte di ghiaccio tra Isola Inexpressible (nel nord) e la lingua di ghiaccio Drygalski (a sud), la frattura aveva raggiunto la lunghezza di 40 km. Flavio Parmiggiani, ricercatore dell’Isac-Cnr ha costantemente monitorato la regione Baia Terra Nova con lo scopo di studiare le interazioni tra atmosfera oceano e ghiaccio.
Utilizzando una combinazione di immagini CoSmo-SkyMed e Sentinel-1A, Parmiggiani ha misurato le dimensioni della frattura: “La zona di apertura era ancora trascurabile agli inizi del 2014, ma tra aprile 2015 e marzo 2016 essa si è rapidamente espansa, passando da 11.68 km2 a 25.87 km2, oltre il doppio, segnalando come il distacco di grossi iceberg fosse oramai imminente”.
Alla fine il 7 di aprile la massa di ghiaccio si è definitivamente staccata dalla piattaforma galleggiante, formando due grossi iceberg che hanno iniziato a muoversi autonomamente. Gli iceberg sono attualmente alla deriva in direzione nord-est, soggetti al vento catabatico, alle maree, e alle correnti. Data l’attuale deriva, sembrerebbe attualmente che gli iceberg non costituiscano una minaccia immediata per le attività della stazione estiva italiana Mario Zucchelli e per la stazione permanente coreana Jan Bo Go, situate entrambe nella Baia di Terra Nova a una distanza di una decina di chilometri l’una dall’altra. Tuttavia gli iceberg potrebbero costituire una minaccia per i mooring che sono stati installati nel corso degli anni in quella zona di mare, siano quelli che fanno parte dell’osservatorio marino permanente del Pnra, messi a mare sin dagli anni 90, o quelli più recentemente installati da ricercatori marini neozelandesi.
“Il distacco di iceberg dalle lingue e tavolati glaciali che si affacciano sulla costa del continente Antartico – sottolinea Enrico Brugnoli, Direttore del Dipartimento Scienze del Sistema Terra e Tecnologie per l’Ambiente del Cnr – è un fenomeno che si ripete regolarmente, ma molto più raro è il distacco di masse di ghiaccio importanti come quelle cui abbiamo assistito nei giorni scorsi. Da quando l’Italia opera nella zona di Baia Terra Nova, cioè dal 1984, questa è la prima volta che si assiste a un evento di queste dimensioni, mentre un evento imponente accadde nel 2000 nel Mar di Ross”.
“E’ importante notare come oggi – aggiunge Brugnoli – grazie alla copertura spaziale e temporale offerta dai satelliti, sia possibile individuare questi fenomeni, monitorarne l’evoluzione e avere una certezza del giorno in cui il processo di distacco si è completato e la massa di ghiaccio ha iniziato a galleggiare liberamente in mare. I satelliti sono anche di primaria importanza per consentire il monitoraggio costante nei prossimi mesi del movimento e della posizione dei due iceberg formatisi, e quindi poter valutare il loro impatto sulle operazioni nella prossima spedizione Antartica australe del nostro Paese, prevista tra ottobre 2016 e febbraio 2017. Tra i satelliti utilizzati per questa analisi ricordo l’importanza della costellazione di sensori SAR in banda X COSMOskymed lanciata dall’Italia, e di cui è in fase di sviluppo la seconda generazione, una vera eccellenza tecnologica e scientifica nazionale. Grazie alla sinergia fra questi satelliti e i nuovi satelliti Copernicus, Sentinel 1 e Sentinel 2 lanciati recentemente da ESA, i ricercatori del Cnr hanno potuto studiare il fenomeno sin dal suo inizio nel 2013/2014 e, grazie a speciali tecniche di analisi, valutare in termini quantitativi l’area della frattura e il suo lento crescere fino al momento del definitivo distacco”.