Lectio magistralis di Sarantis Thanopulos
Venerdì 10 novembre ore 18.00
Sala delle Colonne
Ingresso libero
La Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea ospita, all’interno della rassegna Animatime curata da Annarosa Buttarelli, la Lectio magistralis di Sarantis Thanopulos.
I greci usavano tre parole per dire tempo. Chronos per il tempo lineare, il tempo della vita sociale, della storia. Epoké per il tempo della pausa, della sospensione del giudizio. Kairòs, per il tempo opportuno, il momento giusto per colpire il bersaglio nel punto vitale. Tutte queste dimensioni del tempo sono implicate nel lutto, la fondamentale esperienza che proietta il passato nel futuro. Il tempo della sospensione del giudizio – non un presente fermo, perpetuo, ma un tempo senza un prima, un ora, un dopo – è colpito nel punto nevralgico del fluire continuo, senza intoppi dell’esperienza, nel momento opportuno in cui ciò deve accadere perché una trasformazione possa aver luogo. La freccia che colpisce il tempo della continuità dell’esistenza, introducendo passato (ciò che è stato e non è più), presente (ciò che persiste, insiste, patisce: il desiderio) e futuro (ciò che sarà), è la differenza. La differenza mantiene vive le nostre relazioni: le allarga, le arricchisce e evita l’assuefazione. Colpisce nel tempo opportuno se arriva nel momento in cui esse sono sufficientemente consolidate, per reggere il colpo, ma anche aperte al loro rinnovamento, prima che diventino consuetudine e ripetizione. È foriera di conflitto e di incertezza, non è mai indolore perché induce un forte senso di mancanza. Della differenza dobbiamo accettare il rischio, senza il quale non nasce la speranza e il tempo della sospensione del giudizio diventa tempo della consolazione, dilazione del presente. Nel tempo della differenza, tempo del conflitto, tempo della trasformazione, il presente non transita direttamente nel futuro. Si allea con il “futuro anteriore”, tempo della predizione e, al tempo stesso della sua incertezza. Qui la differenza sospende l’effettività dell’azione e crea uno spazio di elaborazione sperimentale, potenziale dell’esperienza dove le cose si rappresentano per come “potrebbero accadere” (Aristotele a proposito della poesia tragica). Il kairòs è il tempo reso opportuno dal fatto che ci aggancia al tempo tragico: il futuro anteriore (come andrà a finire) nella forma di memoria del futuro: presentire, immaginare, intuire ciò che accadrà, configurandolo come potrebbe accadere, attraverso la mancanza che impedisce al già accaduto di trascinare con sé ciò che del passato resta vivo e presente. Ricordare per ritrovare ciò che non può essere più come prima in forma nuova: identico e trasformato. Ricordandosi di ciò che Eraclito disse, “nello stesso fiume entriamo e non entriamo, siamo e non siamo”, si può dire che il kairòs tiene insieme il continuo, il sempre identico, con il nuovo, il trasformato. Il ricordo del primo -il passato vivente- mentre la mancanza anticipa nel presente il germogliare di ciò che verrà, apre dentro di noi lo spazio – onirico nella sua più intima natura – di sperimentazione, l’approccio al futuro più creativo e solido. Il mondo attuale nega la mancanza, la perdita. Perde il suo kairòs, smarrisce il tempo opportuno. Non ricorda il passato, e non impara da esso, perché ha perso la memoria del suo futuro, i suoi sogni.