Pensi agli Emirati arabi e subito la mente corre agli immensi giacimenti di petrolio dei loro deserti. In questo angolo del mondo, uno Stato nella Penisola araba sud-orientale composto da sette emirati, si trovano infatti il 6% delle riserve di oro nero e il 3% di quelle di gas. Ma l’ultimo carico verrà esportato nel 2050. E le autorità vogliono mettere da subito a frutto i loro petrodollari prima che sia troppo tardi.
Dieci anni fa è stato lanciato il progetto “Masdar” per la produzione delle energie rinnovabili che entro il 2020 dovrebbe ridurre la dipendenza dal gas nella produzione di energia dal 90 al 70%. Grazie a piantagioni sterminate di pannelli solari e tecnologie hi tech per la conservazione dell’energia, che sfruttano l’impiego di un cemento speciale che permette di mettere nei depositi energia termica ai 400 °C.
I primi frutti di questo impegno sono sotto gli occhi di tutti. “Gli Emirati sono diventati il solo paese Opec che non esporta solo petrolio ma anche energia rinnovabile grazie ai nostri progetti eolici in Gran Bretagna e Spagna”, spiega Nawal Al-Hosany, direttrice del dipartimento sviluppo durevole del progetto “Masdar”, il ferro di lancia della riconversione sulle rinnovabili degli Emirati che intendono investire su queste energie in tutto il mondo.
Negli ultimi cinque anni sono stati investiti 840 milioni di dollari in 25 paesi diversi. Di questi, 600 milioni sono serviti a finanziare la più grande centrale solare del mondo, nei pressi di Abu Dhabi. E le stime di spesa prevedono finanziamenti sino a 35 miliardi di dollari da qui al 2020, di cui 20 miliardi solo per la costruzione di una centrale nucleare.
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