Abbiamo il dovere di ricordare, soprattutto ai giovani di Rieti e della Sabina, che il signore di 97 anni, Eugenio Meneghino, che è morto in modo naturale nella sua Poggio Mirteto mentre veniva accompagnato a fare il vaccino, è stato un partigiano che a vent’anni, 77 anni fa, partecipò con coraggio a varie azioni militari contro i nazifascisti, tra le quali l’attentato allo scalo ferroviario di Poggio Mirteto e la sanguinosa e decisiva battaglia del Monte Tancia il 7 aprile del 1944.
In particolare lo scontro con i nazifascisti si acuì nei mesi di marzo e di aprile del 1944, la cosiddetta Pasqua di Sangue, quando l’esercito tedesco guidato dai fascisti del territorio diede inizio a un’operazione di rastrellamento e fucilazione di partigiani, antifascisti e giovani renitenti alla leva, che interessò tutta la zona del reatino peraltro già sottoposta a pesanti bombardamenti aerei dagli angloamericani.
Credo che noi tutti dobbiamo molto a questo ex partigiano. Non solo per lo slancio e l’esempio che ha dato, così giovane, nella guerra di resistenza contro l’occupazione tedesca del nostro paese, ma anche per la testimonianza storica e antifascista che egli ha offerto. Soprattutto è stato importante il suo racconto ai giovani studenti di quei terribili mesi vissuti dalla popolazione reatina e sabina dall’8 settembre 1943 al 13 giugno 1944, data della fuga dei tedeschi da Rieti.
Ricordo Eugenio Meneghino a quell’emozionante Convegno a Poggio Mirteto “La Sabina R-esiste” il 22 maggio 2019. Guardavo lui, una figura piccola ed esile, gli brillavano gli occhi mentre raccontava dell’esplosione dei treni allo scalo di Poggio Mirteto e delle eroiche azioni sul Monte Tancia. Ma soprattutto guardavo gli occhi dei tanti studenti intervenuti che fissavano con stupore questo “testimone vivente della storia” che aveva toccato la vita dei loro nonni. Eugenio e i suoi compagni dell’Anpi testimoniavano in modo diretto le stragi di quella primavera del 1944 compiute dall’esercito tedesco da Leonessa a Poggio Bustone, da Rieti e Monteleone a Monterotondo, che culminarono con il bombardamento del 10 giugno di Poggio Mirteto. Centinaia i civili inermi e i partigiani trucidati. Centinaia le mogli, i padri e le madri anche nel territorio reatino e sabino, come in tutta Italia, che gridarono il loro dolore per una morte ingiusta.
Caro Eugenio te ne sei andato scegliendo proprio il mese di aprile che tanto ci ricorda quei giorni di sangue del 1944. Te ne sei andato anche tu come la maggior parte dei testimoni di quella guerra di resistenza che liberò l’Italia dall’esercito invasore, regalandoci oltre settant’anni di libertà e di democrazia.
La memoria è il patrimonio sul quale costruire il futuro dei nostri figli. La memoria ci aiuta a evitare che il passato possa ripetersi. Allora auguriamoci che il Covid-19 ci lasci finalmente liberi non solo di andare a ristorante e in vacanza, ma soprattutto di tornare a celebrare e raccontare la storia del nostro paese ai giovani. Si avvicina peraltro il 25 aprile, la Festa della Liberazione, ed è ora di tornare a ricordare il sacrificio di quanti hanno la dato la vita, dopo l’8 settembre 1943, per liberare il nostro paese e per difendere la dignità degli italiani.
Giuseppe Manzo