È in libreria “Francisco. La vita del matto buono dei frati”, il nuovo libro di Gabriella La Rovere pubblicato dalla casa editrice Augh! (collana Khorakhanè, pag. 92, euro 12), che ricostruisce la storia di un ragazzo, e poi di un uomo, probabilmente autistico, vissuto in Spagna alla fine del Cinquecento, contemporaneo di san Giovanni della Croce e santa Teresa d’Avila. La diagnosi deduttiva si basa sull’analisi di un libro risalente al 1867, redatto da un anonimo abate.
Responsabile di un omicidio, Francisco viene allontanato dal padre e mandato da una vedova ad Alcalá di Henares. In questa città ha l’occasione di entrare in contatto con la religione. In seguito trova accoglienza presso l’ospedale di Antezana, tenuto da frati carmelitani. Francisco dorme poco, sembra insensibile alla fatica e parla con una statua di Gesù Bambino. Il “matto buono dei frati” coltiva il sogno di poter prendere i voti e la sua unica speranza è rivolgersi a re Filippo II, suo tutore.
«Tutto ha avuto inizio nove anni fa» racconta Gabriella La Rovere, medico, giornalista, autrice di teatro. «In una delle mie notti insonni, mi sono messa a cercare in rete romanzi che avessero come protagonista o personaggio secondario, una persona con caratteristiche comportamentali riconducibili alla neurodiversità. Dopo una lunga ricerca mi è balzato agli occhi il libro “Vie du vénérable frêre François de l’enfant Jésus de l’Ordre des Carmes-Déchaussés”, in cui si parlava di un frate carmelitano della fine del Cinquecento presumibilmente autistico, di un omicidio involontario, da lui provocato, che non l’aveva minimamente turbato e poi di questa sua passione, quasi un’ossessione, per una statua di Gesù Bambino con il quale spesso discorreva. Mi sono procurata la traduzione e da allora sono passati nove anni, altri libri da me scritti e pubblicati, quaderni e quaderni pieni di ricerche storiche, di una prima parziale stesura, di riscritture, di note a margine e poi sui post-it, sui fogli volanti. Non ero mai pronta finché ho deciso di affrontare la sfida, tenendo testa ai miei demoni: insicurezza, senso di inadeguatezza, dolore di madre e donna con figlia autistica».
«Francisco è venuto fuori come un fiume che scorre a valle, impegnando ogni mia emozione» continua l’autrice. «Sono felice di aver riconsegnato Francisco alla Storia. Siamo tutti protagonisti nel Racconto Universale, ognuno con quello che può dare. Niente è sprecato, tutto serve. La vita di Francisco ne è l’esempio. Essere Venerabile è un gradino sotto alla Beatificazione e mi auguro che riportare alla luce la sua storia rafforzi il concetto che la neurodiversità è un modo altro e non diverso, che siamo tutti uguali, con lo stesso cuore. È questa la vera globalizzazione a cui tendere».
Le vicende di Francisco si inseriscono nella storia del Paese iberico – la peste, il regno di Filippo II e di Filippo III – come fosse un Forrest Gump ante litteram. Attorno a lui accadono fatti inspiegabili che contribuiscono a conferirgli un’aura di santità e, nonostante la sua eccentricità, diviene molto popolare. Alla sua morte, Francisco viene dichiarato venerabile, il primo della storia con probabile neurodiversità.