Deliziosa la messa in scena della commedia “Il delitto di Via dell’Orsina” di Eugène-Marin Labiche in programma al Teatro Cucinelli di Solomeo lo scorso 13 gennaio.
La ricetta, apparentemente semplice, per uno spettacolo di successo: prendi un testo vaudevilliano, due grandi e “cosumati” attori come Massimo Dapporto e Antonello Fassari sostenuti da una compagnia all’altezza e una regista geniale come Andrée Ruth Sammah e… il gioco è fatto!
Lo spettacolo non delude le aspettative. Le soluzioni, semplici ma di effetto, per il cambio scena intrigano anche grazie ad una silente presenza che appare sistematicamente, le canzoni che punteggiano la rappresentazione donano brio all’insieme, il cast di attori è di grande bravura e professionalità interagendo, con azzeccati tempi comici, con i due protagonisti.
Massimo Dapporto e Antonello Fassari si complementano alla perfezione; la resa dei personaggi, alquanto caricaturali data la storia paradossale, sono resi con una recitazione sopra le righe ma non per questo affettata o forzata, la recitazione è naturale, all’apparenza spontanea, come solo gli attori di lunga esperienza sanno rendere.
Apprezzatissima anche la scelta di voler rileggere l’opera senza stravolgerla: nessuna trasposizione nel contemporaneo, sport preferito, a quanto pare, di molti registi, soluzioni stilistiche “artigianali” come sagome di cartone o uno pseudo sipario che scorre al cambio scena donano freschezza pur mantenedo l’atmosfera retrò di più di un secolo fa.
I due personaggi principali abbandonatisi ad una notte di bagordi della quale non ricordano altro se non una solenne sbronza, sembrano essere i responsabili dell’omicidio di una carbonaia; svariati indizi “concordanti” portano infatti ad un’evidente colpevolezza. Neanche loro stessi giurerebbero sulla loro estraneità ai fatti e fanno di tutto per risultare innocenti provocando, o programmando, ulteriori nefandezze.
I due personaggi, come i due attori, sono profondamente diversi: i primi per censo, i secondi per provenienza ed esperienze; ciò nonostante l’assortimento è riuscito alla perfezione: la recitazione di Massimo Dapporto ricorda, soprattutto in alcuni passaggi, la figura del compianto e mei dimenticato papà Carlo, del quale ha ereditato, oltre al talento, il garbo e la grazia; Antonello Fassari, abbandonato il suo accento romanesco, si trova perfettamente a proprio agio nel suo personaggio goffo e clownesco.
Benedetta Tintillini