Mercoledì 12 ottobre, atteso appuntamento con l’inaugurazione della Stagione di Prosa del Teatro Morlacchi che quest’anno si apre con Qualcuno volò sul nido del cuculo di Dale Wasserman, nell’allestimento di successo diretto da Alessandro Gassmann.
Tratto dall’omonimo romanzo di Ken Kesey, la cui versione cinematografica di Miloš Forman e interpretata da Jack Nicholson è entrata di diritto nella storia del cinema, lo spettacolo sarà al Teatro Morlacchi di Perugia fino a domenica 16 ottobre, da mercoledì a venerdì alle 21, sabato alle 18 e domenica alle 17.
Una messinscena elegante e contemporanea, appassionata, commovente e divertente, imperdibile per l’estetica dirompente e per la forte carica emotiva e sociale, con un cast di attori straordinario, Daniele Russo, Elisabetta Valgoi, Mauro Marino, Giacomo Rosselli, Alfredo Angelici, Daniele Marino, Antimo Casertano, Gilberto Gliozzi, Gabriele Granito, Giulia Merelli, Davide Dolores, Giacomo Buganè.
“Con Maurizio de Giovanni che ha curato l’adattamento del testo, abbiamo deciso di ambientare la vicenda in una clinica psichiatrica italiana nel 1982 – racconta Gassmann – tutto ha inizio con l’arrivo di un nuovo paziente che deve essere “studiato” per determinare se la sua malattia mentale sia reale o simulata. La sua spavalderia, la sua irriverenza e il suo spirito di ribellione verso le regole che disciplinano rigidamente la vita dei degenti, porterà scompiglio e disordine ma allo stesso tempo la sua travolgente carica di umanità contagerà gli altri pazienti e cercherà di risvegliare in loro il diritto di esprimere liberamente le loro emozioni e i loro desideri. Ciro (il mio McMurphy) è un ribelle anticonformista che comprende subito la condizione alla quale sono sottoposti i suoi compagni di ospedale, creature vulnerabili, passive e inerti. Da quel momento si renderà paladino di una battaglia nei confronti di un sistema repressivo, ingiusto, dannoso e crudele, affrontando così anche un suo percorso interiore che si concluderà tragicamente ma riscatterà una vita fino ad allora sregolata e inconcludente. E, attraverso di lui, i pazienti riusciranno ad individuare qualcosa che continua ad esser loro negato: la speranza di essere compresi, di poter assumere il controllo della propria vita, la speranza di essere liberi.”
Un testo che è una lezione d’impegno civile, uno spietato atto di accusa contro i metodi di costrizione e imposizione adottati all’interno dei manicomi ma anche, e soprattutto, una straordinaria metafora sul rapporto tra individuo e Potere costituito, sui meccanismi repressivi della società, sul condizionamento dell’uomo da parte di altri uomini. Un grido di denuncia che scuote le coscienze e che fa riflettere.