Una fresca sera di fine estate, a bordo piscina, nella fievole luce della luna, rivedo Manuel Carrion dopo qualche anno dal nostro ultimo incontro.
Sono pronta con il mio taccuino in mano per farmi raccontare della sua arte ed aggiornarmi sulla sua attività. Ma è lui che scrive, schizza, abbozza, disegna.
Esordisce con un’affermazione: “Io voglio cambiare il mondo, voglio che il nostro sia un mondo più bello”. Encomiabile affermazione, penso io, encomiabile quanto utopistica…
Dice che intende farlo costruendo molte università in America Latina, università che studino l’universo ed ogni suo minimo fenomeno da un punto di vista estetico, e che insegnino a cogliere la bellezza in ogni aspetto della natura e quindi il rispetto per essa, ristabilendo una visione corretta dell’uomo e della sua piccolezza in rapporto a tutto ciò che ci circonda.
Nasce a Quito, che lascia molto giovane per venire in Italia, dopo un periodo “perugino” durante il quale ci siamo conosciuti, si trasferisce a Venezia, dove vive attualmente, ma da dove da un po di tempo raggiunge Parigi, dove medita di trasferirsi, per continuare il suo lavoro di crescita dal punto di vista umano e professionale. Mi racconta di come negli anni è cambiato il suo rapporto con l’arte, di pari passo con la sua maturità. All’inizio si era avvicinato all’arte con l’entusiasmo fanciullesco di giocare e manipolare materie e colori, ma dopo aver attraversato un lungo periodo di vuoto e demotivazione artistica, che comunque è stato, come tutti i periodi difficili, di evoluzione e crescita, ora mi dice che sente una forte spinta creativa molto più consapevole, ed ancora più intensa ed urgente.
In uno schizzo Manuel Carrion mi fa vedere come essenzialmente l’essere umano sia composto da quattro elementi (come i quattro elementi che sempre ricorrono nella sua concezione della vita e del divenire): mente, corpo, anima, spirito. Così dovranno essere le sue nuove opere, mi dice, composite nella realizzazione, e autonomamente capaci di lanciare il proprio messaggio, di vivere di vita propria e di interagire nel mondo e con gli esseri umani.
Ricordo le tele di Manuel di qualche anno fa, la maggior parte erano esplosioni di colore su fondo bianco, anche se era una che differiva fra tutte, quella che più mi colpì: una grande tela dove predominava il rosso su quasi tutta la sua interezza, con un particolare nero che sembrava “emergere” da una crepa della superficie.
Manuel è una persona squisitamente dolce quanto fortemente determinata. La sua crescita e l’analisi interiore sono frutto di un intenso lavoro, alla fine della lunga chiacchierata gli chiedo se non ritiene di essere troppo duro ed esigente con se stesso, ma lui mi risponde con un sorriso disarmante: “ma io voglio cambiare il mondo!”.
di Benedetta Tintillini