Canonica di Todi. Immersa nella campagna umbra, la dimora del Maestro Nino Caruso accoglie il visitatore con una serie delle sue opere inconfondibili poste all’esterno, ad integrazione e completamento della maestosa bellezza della natura, ancora, in questo angolo d’Umbria, in armonia con l’intervento dell’uomo.
Incontro Nino Caruso, il maggior esponente italiano nell’ambito della ceramica contemporanea, per una breve ed amichevole chiacchierata sulla sua carriera, la sua arte, ed i suoi progetti futuri.
Ringraziandola, Maestro, per la sua cordiale disponibilità, la invito a volermi raccontare qualcosa del suo percorso, i suoi inizi, per esempio…
Tengo innanzitutto a precisare che il mio incontro con l’arte fu assolutamente fortuito e casuale. In gioventù, dai 16 ai 23 anni, lavorai come operaio tra la Sicilia, terra di origine della mia famiglia, e Tripoli (mia città di nascita), dalla quale fui espulso per le attività sindacali non viste di buon occhio dall’amministrazione britannica, allora presente sul territorio. Insieme a me subìrono lo stesso trattamento altre persone, tra i quali ad esempio, Valentino Parlato, ex direttore de Il Manifesto.
Questa espulsione fu, con il senno di poi, una vera e propria benedizione. Decisi di raggiungere a Roma un mio amico d’infanzia, ceramista. Con lui divisi l’alloggio (in condizioni a dir poco precarie) e frequentai gli ambienti dove si riuniva il mondo artistico romano dell’epoca. Tanto per fare qualche nome, entrai in contatto con nomi quali Leoncillo, Guttuso, Mazzacurati, Greco, Brunori.
Potevo godere e respirare un fermento culturale senza pari, con Moravia, Zavattini, Carlo Levi… un ambiente del tutto diverso dalla provincia lontana da cui provenivo.
Iniziai così ad aiutare il mio amico ceramista, ed a frequentare Piazza del Popolo, che con i suoi caffè, era ritrovo di tutti gli artisti e punto privilegiato di incontro di idee e fermenti culturali.
Tornato dal servizio militare, durante il quale ebbi la possibilità di aiutare in una bottega di ceramisti iniziando una produzione personale, presi il diploma all’Istituto d’Arte. Grazie a questo diploma, a distanza di 15 anni, potei arrivare all’insegnamento, attività tutt’altro che secondaria accanto a quella di artista.
Grazie poi ad un prestito di 50.000 lire, potei aprire il primo studio con un mio compagno di scuola e, dopo i primi periodi di difficoltà, cominciai a vendere le mie opere. Dopo ben 4 anni fui in grado di restituire il mio debito!
Sicuramente quindi, come nella vita di ognuno, un ruolo importante lo hanno giocato le coincidenze e la fortuna, che nulla possono però, senza caparbietà e carattere…
Sicuramente il caso ha avuto un ruolo determinante, a partire dalla mia espulsione, alla decisione di frequentare Roma, all’incontro fortuito, anni dopo, con il proprietario di una galleria d’arte appena aperta, il quale, allestendo una mostra di disegni di Guttuso, per riempire degli spazi mi chiese dei pezzi, avendo conosciuto ed apprezzato il mio lavoro. Anche in quel caso, un incidente, ovvero un incendio sviluppatosi nella galleria, con conseguente allagamento per sedarlo, diventò un’opportunità: i giornali, parlando dell’accaduto, affiancarono il mio al nome di Guttuso, permettendomi di godere, per la prima volta, di una certa notorietà.
Anche accadimenti apparentemente negativi, quindi, possono avere dei risvolti positivi, magari non immediatamente interpretabili.
Assolutamente si, se non altro sono occasioni per girare pagina… e girare pagina è sempre auspicabile, altrimenti si rischia di cadere nella ripetizione…
Un’altra preziosa occasione mi è stata data collaborando con ingegneri ed architetti, fornendo motivi decorativi per gli ingressi delle abitazioni, attività che mi ha permesso di conoscere, grazie alle visite in cantiere, i risvolti prettamente tecnici riguardo alla realizzazione degli edifici.
Cosa l’ha affascinata, in modo particolare, nella ceramica?
La ceramica gode di un suo fascino particolare dalla notte dei tempi, e, al contrario della lavorazione del ferro o del bronzo, che venivano utilizzati per la produzione di armi, quella della ceramica è un’attività assolutamente pacifica, gli oggetti realizzati erano destinati agli usi più svariati, senza dimenticare che per la loro realizzazione vengono utilizzati i quattro elementi principali: terra, acqua, fuoco e aria.
Ora desidererei mi parlasse della sua tecnica…
Durante i primi 10 anni di lavoro adottai la tecnica a colombino, semplicemente perché era quella che appresi dal mio amico ceramista. In seguito all’acquisto di una piccola lama ad incandescenza per il taglio del polistirolo, iniziai ad ottenere delle forme, positive e negative, che mi permisero di sviluppare la mia tecnica, che consta di moduli variamente posizionabili al fine di ottenere infiniti risultati.
La novità fondamentale è stata l’introduzione di un materiale contemporaneo e facile da lavorare, come il polistirolo, nella realizzazione di una tecnica antichissima come la ceramica.
Ho utilizzato il polistirolo anche per realizzare forme dove colare dentro il cemento ed anche il metallo, tornando, in un certo qual modo, alla mia origine operaia di tornitore meccanico.
Quali sono stati i primi oggetti che catturarono il suo interesse e che realizzò con questa tecnica?
Inizialmente realizzavo vasi. Anche se ora questo oggetto ha perso la sua funzione per essere soltanto elemento decorativo, nel tempo i vasi erano di fondamentale importanza per l’economia familiare, preposti alla conservazione dell’olio ed il vino rappresentavano la sicurezza del sostentamento, per esempio, o erano oggetti di uso comune per l’approvvigionamento dell’acqua alla fonte.
Io ho usato il vaso come archetipo, mi piace indagare gli aspetti culturali e sociali della ceramica, dalla produzione di oggetti d’uso, all’architettura, agli oggetti decorativi.
Mi piacerebbe approfondire un altro aspetto del suo codice artistico: accanto alla produzione astratta, dominata dai moduli in positivo ed in negativo, ho notato la riproduzione di personaggi della mitologia classica
La scelta dei soggetti, nel mio caso, è del tutto inconscia. Tengo a sottolineare ancora una volta le mie origini operaie, per cui non ho avuto un bagaglio culturale di rilievo. La scelta apparentemente casuale, però, si riallaccia alle mie radici mediterranee, ed alle mie esperienze romane, sicuramente.
Tutto ciò poi che ho visto nei miei viaggi, il mio vissuto, inconsciamente si riflette nelle mie opere. Il tutto però senza snaturare le proprie origini. L’arte contemporanea, a mio avviso purtroppo, è diventata talmente cosmopolita che non si riesce più ad individuare l’origine dell’autore nell’opera.
So che a lei piace molto anche sperimentare…
Assolutamente si. Nonostante l’artista sia spinto dai propri estimatori nel non abbandonare il proprio codice artistico, a me interessa molto indagare la cultura ed i contributi forniti ad essa dalla ceramica. Quindi mi piace sperimentare ed inventare. Come nell’architettura, per esempio: la tecnica a moduli può dare vita ad una scultura infinita fatta di ritmi e pause, i nuovi materiali poi, possono permettere l’utilizzo della ceramica anche all’esterno, anche in condizioni proibitive.
Cosa mi dice dell’uso del colore nelle sue opere?
Per le opere realizzate con i moduli preferisco di gran lunga il bianco, perché lascio che sia la luce a disegnare le forme. A seconda poi dell’oggetto, uso anche colori brillanti come gli arancio e gli azzurri.
Parliamo ora del Museo delle Vaselle d’Autore a Torgiano, com’è nata l’idea?
L’idea delle vaselle è nata davanti ad un calice di vino insieme all’ex sindaco di Torgiano, Fodera, con l’intenzione di dare vita a qualcosa che avesse le sue radici nel territorio. Da lì l’idea delle vaselle che, in un primo momento, dovevano essere funzionali, nel tentativo, risultato poi vano, di influenzare la produzione artigianale locale, ancora ancorata alla pedissequa riproduzione delle forma e dei motivi della ceramica classica quattro e cinquecentesca.
Il primo pensiero è stato di invitare anche artisti che non fossero legati alla ceramica, quindi anche scultori, pittori, ognuno dei quali avrebbe apportato il suo originale contributo, alle prese con un materiale non consueto.
Con la consueta formula di invitare tre artisti all’anno, quella passata è stata la 19esima edizione de Le Vaselle d’Autore. La mia opinione è di concludere con la ventesima edizione, pubblicando un volume che celebri la collezione, con le opere degli artisti partecipanti e le loro vaselle, per dare poi vita ad una nuova iniziativa.
Lei ha già in mente qualche idea?
Si, sempre legata al territorio ed alle sue radici, ma… non ho alcuna intenzione di svelartela!
di Benedetta Tintillini