La mostra Je voudrais savoir, aperta al pubblico lo scorso 4 novembre e il cui termine di chiusura era previsto il 7 gennaio 2018, viene prorogata al 21 Gennaio 2018. Nel corso di questi mesi l’esposizione ha ottenuto grandi consensi di pubblico, oltre che ottimi riconoscimenti da parte della stampa e della critica di settore. E’ stato deciso quindi di prolungarne l’apertura affinché possa essere visitata da coloro che non hanno avuto ancora modo di ammirare i lavori di Franco Fortini in occasione del centenario della nascita.
Je voudrais savoir è una rassegna essenzialmente fotografica, anche se accompagnata da una parte documentaria, prodotta dal Santa Maria della Scala ed organizzata in collaborazione con il Centro Franco Fortini dell’Università di Siena.
La mostra, il cui titolo prende spunto da una frase dello stesso Fortini: «Io non mi arrendo tanto volentieri e trovo buona ogni occasione per avviare una conversazione più seria; col resultato di tormentare gli interpreti. Gli amici mi hanno soprannominato je voudrais savoir, che è l’inizio di quasi tutte le mie frasi», rientra nei festeggiamenti per il centenario della nascita di Franco Fortini (1917-1994), raffinato intellettuale del Novecento italiano.
Nel settembre 1955 un gruppo di intellettuali italiani partecipano alla prima delegazione in visita ufficiale nella Repubblica Popolare Cinese (costituita nel 1949). La delegazione era presieduta da Piero Calamandrei ed organizzata dal Centro Studi per le relazioni con la Cina di Ferruccio Parri. Oltre a Fortini, ne facevano parte altri importanti personaggi della cultura novecentesca, tra i quali Franco Antonicelli, Norberto Bobbio, Carlo Bernari, Carlo Cassola,, Ernesto Treccani e Antonello Trombadori, e lo stesso Piero Calamandrei.
Recarsi in Cina era un sogno, come sottolinea Treccani qualche tempo dopo, un momento al quale nessuno di loro poteva rinunciare.
Punto di partenza della rassegna è stata una riflessione sullo scritto di Fortini intitolato Asia Maggiore. Viaggio nella Cina edito nel 1956 da Einaudi, il primo importante libro italiano sulla Cina Popolare, la ricerca si è poi allargata al reportage privato che lo scrittore e poeta, realizzò durante il suo soggiorno cinese. L’accostamento dei suoi scritti e delle sue fotografie a quelli dei suoi compagni di viaggio, moltiplicando i punti di vista, ha poi proposto un dialogo fatto di immagini e pensieri dal quale emerge un ricco panorama della Cina di allora, carico di suggestioni che innestano su radici millenarie, in presa diretta, i germogli del futuro.
Nell’arco dei due anni successivi, quasi tutti i partecipanti, pubblicarono scritti o racconti di quell’esperienza secondo le proprie peculiari capacità intellettuali esattamente come sottolinea Fortini in Asia Maggiore “tutta l’agitazione di questi viaggi non pagherà mai il contributo vero che potremo dare al nostro paese – e a tutti i paesi – facendo del nostro meglio per eseguire bene il nostro mestiere, di filosofi se siamo filosofi, di politici se politici, di poeti se poeti. È vero, mi dico, che una delegazione come la nostra, pur con la sua apparente insufficienza e con la sua inevitabile sfumatura turistica, adempie egualmente al suo compito, sì che, ritornati in Italia, diremo e scriveremo tutto quello che avremo veduto e di cui veramente la maggior parte dei nostri connazionali delle classi dirigenti non ha neppure la più vaga idea”
Il percorso espositivo curato da Lucia Simona Pacchierotti e dall’Architetto Alessandro Bagnoli, il quale si è occupato anche del progetto allestitivo, si dipana tra immagini, scritti e ambientazioni sonore e vuole evidenziare proprio il viaggio emozionale, la scoperta, la sorpresa genitrice di un intrecco di sentimenti suscitati dalla “Cina” in Fortini e compagni.
A corredo della parte fotografica due acquarelli, il primo del 1910 ca. di Anonimo tratto dall’album Insetti, erbe, fiori e piante proveniente dalla collezione della famiglia Calamandrei e Ragazza dello Yunnan di Ernesto Treccani in prestito dalla Fondazione Corrente.