Le catacombe Ad Decimum, sconosciute nei documenti antichi, furono scoperte per puro caso nel 1903 durante lavori agricoli. Gli scavi, inizialmente clandestini, furono presto abbandonati a causa delle difficoltà e della mancanza di ritrovamenti significativi; ciò ha decretato la fortuna e la preziosità di queste catacombe che conservano una grandissima parte di sepolture intatte, preziose testimoni del culto del loro tempo, rarissime da ammirare. La catacomba era piena di fango, rendendo l’esplorazione ardua e costosa, ma anche preservandola attraverso i secoli. La scoperta attirò l’attenzione dei monaci dell’Abbazia di San Nilo, che acquistarono il terreno e completarono gli scavi nel 1936.
All’entrata della catacomba, i resti dell’antica via Latina sono ancora visibili, ed è nei suoi pressi che, nel 2000 venne rinvenuto l’Ipogeo delle Ghirlande, antecedente alle catacombe. Questa strada, che collegava Roma ai Colli Albani e al sud Italia, è paragonabile all’odierna via Anagnina. La catacomba si trova al decimo miglio della via, da cui deriva il nome Ad Decimum. Questo luogo ospitava una stazione di posta per i viaggiatori e un piccolo villaggio sviluppatosi attorno ad essa, noto come Vicus Angusculanus. Due importanti vie, la via Latina e la via Valeria, si intersecavano qui, favorendo lo sviluppo del villaggio.
Nella seconda metà del III secolo, la comunità cristiana locale raggiunse una tale organizzazione e consistenza numerica da poter gestire un proprio cimitero: la catacomba Ad Decimum. Questo sito è un esempio di cimitero comunitario sotterraneo sviluppato tra il II e il V secolo, quando i cristiani decisero di sfruttare il sottosuolo per motivi pratici ed economici.
l contesto delle catacombe assume grande importanza per identificare la specificità cristiana delle iscrizioni. Durante il periodo pre-costantiniano (III secolo), le iscrizioni erano caratterizzate dal “laconismo arcaico”: semplici formulari composti dal nome del defunto e da brevi formule di saluto, talvolta accompagnati da simboli cristiani come il pesce, l’ancora e la colomba.
Un esempio tipico di questa epigrafia arcaica si trova nella catacomba Ad Decimum, dove si legge “Secunde in pace”, espressione sintetica che riflette un egualitarismo ideologico, senza informazioni sulla vita terrena del defunto. Il loculo semplice era la forma di sepoltura più comune, data la presenza di numerose sepolture intatte, nella catacomba Ad Decimum è possibile leggere le iscrizioni sui marmi, spesso di risulta, o sulla malta utilizzata per chiudere i loculi, spesso con delle tegole sigillate.
Nel periodo post-costantiniano (IV-V secolo), con la pacificazione religiosa e le conversioni di massa, i formulari epigrafici si arricchiscono di dati biografici e meriti acquisiti in vita. Appaiono termini come “benemerens” e “carissimus” e simboli espliciti di appartenenza cristiana, come il monogramma cristologico. Un esempio, tra gli altri, è l’epigrafe che recita: “Ianuarius diaconus se vivo fecit sibi et costae suae Lupercillae et Martyriae filiae suae dolcissimae quae vixit ann(os) III menses VI d(ies) V in pace” (Il diacono Gennaro fece da vivo questo sepolcro per sé e per la sua costola Lupercilla e per la sua figlia dolcissima Martiria che visse tre anni, sei mesi e cinque giorni, in pace).
L’integrazione di epigrafia e iconografia ha prodotto iscrizioni affascinanti, come quella nella galleria “E”, con immagini simboliche che accompagnano il testo, esaltando il messaggio di salvezza e beatitudine dell’anima dopo la morte.
Le catacombe di Roma, con le loro strette gallerie, nicchie ad arcosolio e cubicolì oscuri, ospitano le più antiche rappresentazioni pittoriche del cristianesimo delle origini. Questi luoghi sacri non erano destinati all’arte celebrativa, ma a rappresentazioni simboliche riservate a una cerchia ristretta di fedeli in grado di decodificarne il significato religioso e morale.
Le pitture ritraevano fatti e persone dell’Antico e Nuovo Testamento, già noti ai cristiani attraverso la catechesi, trasformandosi in simboli di salvezza, pace e beatitudine. Nella catacomba Ad Decimum, un cubicolo ai piedi della scala e una sepoltura nella galleria “G” erano decorati più riccamente, indicando l’importanza delle persone lì sepolte.
Nel cubicolo, sulla parete destra, si trova il Cristo centrale affiancato da sei apostoli, con accanto una figura orante che rappresenta simbolicamente l’anima in beatitudine celeste. Sul soffitto, Daniele tra i leoni simboleggia la salvezza, mentre un’altra orante nel nicchione sovrastante la tomba maggiore è probabilmente un ritratto di una defunta.
Le pitture della galleria “G1”, databili tra la fine del IV e l’inizio del V secolo, includono la “traditio legis”, con Cristo che consegna la legge a San Pietro, accompagnato da San Paolo. La presenza del mitico uccello fenice, simbolo di resurrezione, e le lettere Alfa e Omega, rappresentano l’inizio e la fine di ogni cosa in Cristo. Un ragazzo orante tra Pietro e Paolo, chiamato Viator, simboleggia il passaggio dal mondo terreno a quello ultraterreno.
Queste pitture, con il loro potente simbolismo, offrono uno sguardo affascinante sulla fede e sulle pratiche funerarie della prima comunità cristiana di Roma.
Si ringrazia Associazione Culturale Matavitatau