Martedì 11 luglio alle 21.30, accoglie il concerto diretto da Riccardo Muti con cui quest’anno si corona il viaggio delle Vie dell’Amicizia, il progetto di Ravenna Festival che dal 1997 visita città simbolo della storia antica e contemporanea. Quello al Teatro Grande dell’antica Pompei è infatti il terzo appuntamento dopo i concerti del 7 e 9 luglio, rispettivamente a Ravenna e Jerash, la “Pompei d’Oriente” in Giordania. Anche a Pompei, la direzione di Muti unisce l’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini e il Coro Cremona Antiqua, preparato da Antonio Greco, a musicisti giordani nel II atto da Orfeo ed Euridice di Gluck con il controtenore Filippo Mineccia, in “Casta diva” dalla Norma di Bellini con il soprano Monica Conesa e nel Canto del destino di Brahms. A queste pagine si intervallano momenti musicali le cui radici affondano nel Medio Oriente, affidati agli artisti siriani Mirna Kassis e François Razek-Bitar e alle voci giordane Ady Naber e Zain Awad; si completa così l’omaggio allo spirito di fratellanza del popolo giordano, che nell’ultimo decennio ha accolto centinaia di migliaia di profughi, soprattutto dalla Siria.
Il progetto Le vie dell’Amicizia è sostenuto dal Ministero della Cultura e dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale; l’appuntamento presso l’antica città di Pompei – organizzato grazie alla collaborazione con il Parco Archeologico di Pompei e con RAI Cultura, che riprenderà il concerto per trasmetterlo sulla prima rete – è interamente finanziato da Caruso, A Belmond Hotel di Ravello.
“Siamo felici che quest’anno si rinnovi il legame di sincera amicizia che unisce il Maestro Riccardo Muti e la sua eccellente Orchestra Cherubini a questi territori – sottolinea il Direttore del Parco Archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel – E ci tengo a sottolineare che l’appuntamento è possibile grazie alla sponsorizzazione di un’azienda del territorio come il Caruso, A Belmond Hotel di Ravello. Una circostanza che non solo significa sostenibilità e capacità di autofinanziamento, cioè quanto anche il Ministro ci invita a rafforzare, ma contiene anche un messaggio etico: i valori di fratellanza e dialogo e il significato storico-culturale di Pompei sono condivisi dalla società, creando sinergie e relazioni che fanno emergere le qualità positive di un territorio unico al mondo.”
Da quando, nel 1997, giunse la chiamata da una Sarajevo sfigurata dalle bombe, Le vie dell’Amicizia affida il proprio messaggio al linguaggio universale della musica: anno dopo anno, il Maestro Muti sale sul podio di orchestre e cori italiani a cui si uniscono musicisti delle città meta del viaggio. Nel 2020 il progetto aveva raggiunto Paestum, gemellata con il sito di Palmira, per ricordare il popolo siriano, quello stesso popolo che, costretto alla diaspora, ha trovato in Giordania straordinaria accoglienza. Nell’anno in cui il Festival ha colto l’occasione del centenario della nascita di Calvino per intitolare la propria XXXIV edizione Le città invisibili, il fil rouge del comune passato romano e del patrimonio archeologico lega due città a lungo sepolte – l’una dalla cenere del Vesuvio, l’altra dalle sabbie del deserto – a Ravenna, il cui porto di Classe l’imperatore Augusto scelse per la flotta del Mediterraneo orientale. Il dialogo del Festival con il Parco Archeologico ci ha già regalato, nello stesso Teatro Grande, il debutto di Acarnesi Stop the War!, altro inno alla pace e alla fratellanza fra i popoli, nell’ambito del progetto Sogno di volare.
Lo Schicksalslied op. 54 che Brahms modellò su versi di Hölderlin, già parte del programma dell’ormai storico primo concerto dell’Amicizia a Sarajevo, è una meditazione sul destino, sul divino e sul mistero della morte. Il dubbio insolubile si fa musica anche nella partitura dell’Orfeo ed Euridice di Gluck e attraversa la preghiera di Norma alla luna. Una risposta si leva forse nell’estatica luce che chiude il canto di Brahms, quasi un messaggio di redenzione e di speranza. Ombre e luci, rapimento e preghiera si intrecciano anche nei brani proposti dai cantanti siriani e giordani. Apparve fluttuante, tradizionale canto arabo del genere poetico-musicale muwashah, è una contemplazione della bellezza della persona amata, mentre l’amore per la terra natia è al centro di Raccontami del mio paese dei fratelli libanesi Assi e Mansour Rahabani. La compositrice Dima Orsho ha creato I dimenticati sulle rive dell’Eufrate su un’antica poesia siriana tramandata oralmente nella regione di Jazeera, fra Tigri e Eufrate.