In che modo l’esperienza influenza il Dna del cervello? Da questo interrogativo ha preso le mosse uno studio, coordinato da Tommaso Pizzorusso, associato di Psicobiologia dell’Università di Firenze, i cui risultati sono stati pubblicati dalla rivista scientifica “Nature Neuroscience”.
La ricerca individua un meccanismo attraverso cui uno stimolo esterno lascia una traccia a livello del genoma del sistema nervoso, nei primi anni di vita fino all’adolescenza. Ciò avverrebbe attraverso i fattori epigenetici, ovvero quelli che entrano in gioco nella lettura della sequenza del Dna senza che vi siano mutazioni del codice genetico e della sequenza del Dna.
L’indagine è stata realizzata con il contributo dell’Istituto di Neuroscienze del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) di Pisa e dell’Istituto di Genetica e Biofisica del Cnr di Napoli, e della Scuola Normale Superiore di Pisa, nell’ambito del progetto Miur-Cnr Epigen che mira ad analizzare l’importanza dell’epigenetica per tutti i tessuti dell’individuo.
“E’ risaputo che l’esperienza plasma le conoscenze e il comportamento di ogni individuo influenzando il patrimonio genetico – spiega Pizzorusso – la nostra scoperta ha evidenziato che il legame tra esperienza e fattori epigenetici è particolarmente forte nei primi anni di vita e nell’età dello sviluppo, per cui le capacità di percepire ed elaborare le informazioni provenienti dal mondo esterno, ma anche le attitudini sociali e cognitive, sono modellate e possono essere facilmente alterate dall’esperienza”.
Utilizzando tecniche di sequenziamento del Dna ad alta efficienza i ricercatori hanno scoperto che, privando un occhio dell’esperienza visiva per tre giorni, cambia lo stato di attivazione di centinaia di geni e si alterano in modo patologico i circuiti della corteccia cerebrale dedicata alla vista.
Ma bloccando la metilazione del Dna, uno dei principali fattori epigenetici, i ricercatori hanno osservato che l’assenza di esperienza non portava ugualmente a un’alterazione dell’espressione genica (il processo attraverso cui l’informazione contenuta in un gene viene convertita in una macromolecola funzionale), né dello sviluppo visivo, segno che l’azione dell’esperienza sull’attivazione genica era mediata dalla metilazione del Dna. “I risultati della ricerca ci consentono di comprendere meglio in che modo matura il cervello dall’infanzia fino al termine dell’adolescenza – prosegue il docente fiorentino – e offrono elementi utili nello studio di malattie psichiatriche, come la schizofrenia, o di disturbi della funzione cerebrale come l’autismo, che spesso mostrano alterazioni dei meccanismi epigenetici legati alla metilazione del Dna”.
“Lo studio identifica inoltre quali geni sono regolati dall’esperienza nella corteccia cerebrale, fornendo nuovi geni candidati per ulteriori studi sulle cause delle malattie del neurosviluppo. L’azione degli stimoli esterni sui fattori epigenetici – conclude Pizzorusso – non è limitata a soli neuroni ed è presente anche negli altri organi dove può concorrere alla patogenesi di gravi malattie come il cancro”.