Colpisce oltre un milione di italiani l’anno, ovvero l’1,5% della popolazione. Percentuale che sale al 6-10% dopo i 65 anni. Lo scompenso cardiaco rappresenta la prima causa di morte in Italia. Ma nei prossimi mesi sarà disponibile un nuovo farmaco che “ridurrà il rischio di mortalità di questi pazienti del 15%”. A fare il punto sulla patologia cardiaca è il cardiologo Ciro Indolfi, direttore del dipartimento di Scienze mediche e chirurgiche dell’Università Magna Grecia di Catanzaro.
Lo scompenso cardiaco, spiega l’esperto, è responsabile di oltre 190 mila ricoveri l’anno. E’ la seconda causa di ricovero dopo il parto naturale e la prima tra gli over 65. Sempre secondo i dati forniti dal cardiologo, la spesa totale per la patologia in Italia “ammonta a 3 miliardi di euro l’anno circa (il 2% della spesa sanitaria complessiva). Mentre la spesa media per la gestione di un paziente è di oltre 11.800 di euro l’anno (l’85% della spesa è rappresentata dai costi di ricovero)”. Nel mondo, invece, per lo scompenso cardiaco si spendono ogni anno 100 miliardi di euro. Cifra destinata a raddoppiare entro il 2030.
“Lo scompenso cardiaco – spiega Indolfi – è una sindrome clinica complessa in cui il cuore non è capace di distribuire il sangue in misura adeguata alle richieste metaboliche dei tessuti. Per molto tempo si è seguito un approccio tradizionale nel trattamento della patologia, ma adesso è in arrivo una nuova opzione terapeutica: all’inizio del 2017 sarà disponibile un farmaco a base di sacubitril e valsartan (Entresto*), un inibitore del recettore dell’angiotensina e della neprilisina. E’ una novità assoluta – sottolinea – già passata al vaglio di un grande studio condotto su migliaia di pazienti, lo studio Paradigm, che ne ha sancito sia la sicurezza che l’efficacia”.
Il medicinale “può essere prescritto a meno che non si sia in presenza di ipotensione o di iperpotassiemia”. Ma quali sono i benefici per il paziente? “Rispetto ai farmaci tradizionali – continua – provoca l’aumento dei livelli di Anp (Peptide natriuretico atriale) con l’effetto benefico di far perdere acqua e sodio e di ridurre la fibrosi miocardica. Il rischio di mortalità e di ricovero diminuiscono del 15% con un prolungamento medio della durata della vita”.
Importante dunque una diagnosi e un trattamento precoci. Ma quali sono i primi campanelli di allarme? “I sintomi – spiega Indolfi – sono semplici da riconoscere ma possono essere confusi con molte altre cause. Il primo sintomo è la necessità di urinare durante la notte – osserva il cardiologo -. Bisogna preoccuparsi però quando si inizia ad avere anche difficoltà a respirare sotto sforzo, ad esempio quando si sale per le scale. Soprattutto se a ciò si associa un gonfiore a piedi e caviglie”.
Per prevenire o evitare il ripetersi di un episodio di insufficienza cardiaca anche modifiche dello stile di vita possono aiutare: “I principali fattori di rischio per lo scompenso cardiaco sono la cardiopatia ischemica, l’anomalia delle valvole cardiache e l’ipertensione. Per questo è molto importante smettere di fumare, praticare esercizio fisico regolare senza affannarsi e limitare lo stress. E’ consigliabile poi seguire un’alimentazione sana, povera di sale e di grassi”.