C’è ancora tempo, fino a domenica 22 maggio, per visitare al secondo piano di palazzo Collicola di Spoleto la mostra antologica ‘Mitologie di un eterno presente’ di Natino Chirico, curata da Gianluca Marziani, che sta riscuotendo un buon successo di pubblico. Tanti gli ingressi all’esposizione del pittore calabrese, romano d’adozione, che sempre più sceglie l’Umbria come terra eletta, luogo della tranquillità e spazio di lavoro.
La mostra si propone come “un viaggio retrospettivo – si legge nelle parole di Marziani sul catalogo della mostra – per narrare la visione di Natino Chirico, le sue mitologie contemporanee, i suoi universi che si trasformano in calibrate alchimie pittoriche”. Ottanta opere, selezionate tra le oltre 6mila realizzate dal pittore in circa 40 anni di attività, compongono un percorso che racconta l’evoluzione dell’uomo e dell’artista, cresciuti di pari passo attraverso la continua ricerca, l’analisi introspettiva e la sperimentazione. “È un momento di riflessione per me molto importante – ha commentato Chirico –. È come se rivedessi il film della mia vita attraverso le mie creazioni”. La mostra ripropone, infatti, le fasi attraversate dalla pittura di Chirico, partendo dagli esordi degli anni ’70 e ’80, passando dalla ricca produzione dei primi anni Duemila e giungendo alle opere nuove, anche per la scelta dei soggetti ritratti, del presente.
La prima fase è caratterizzata da lavori in graffite con uso di poco colore, frammentazione della figura, attenzione ai dettagli e precisione iperrealista. È la stagione degli autoritratti. “Il mio lavoro – ha proseguito Chirico – nasce da una forte ricerca interiore, basata su una sorta di introspezione e anche da un tentativo di esorcizzare la mia immagine con l’obiettivo di scrutarmi, analizzarmi e crescere. Lentamente è arrivato l’apporto del colore ed è proseguita la ricerca su mezzi, materiali e contenuti”. Spazio, colore e movimento sono gli elementi che rendono, sempre più andando avanti, tridimensionale la pittura di Chirico. L’evoluzione dell’artista porta alla produttiva stagione degli anni Duemila in cui, prepotente, si afferma un uso personale del colore, accanto alla sperimentazione di materiali, dallo specchio al metacrilato, di supporti, come gli oggetti di uso comune, e di contenuti. Il cinema e alcuni suoi protagonisti, Federico Fellini e Charlie Chaplin più degli altri, sono le sagome privilegiate, personaggi che attraversano il supporto e arrivano, come fossero animati, a chi si ferma davanti a un’opera dell’artista. I miti della settima arte, i tuffatori e Don Chisciotte sono altre fisionomie del cammino artistico di Chirico che porta all’orizzonte contemporaneo, tutto ancora da sviluppare, in cui si impongono le città, con le loro tracce urbane, e gli animali. Sul percorso allestito nel palazzo spoletino, un’installazione chiude simbolicamente la mostra. “Una ‘porta del passato’ – ha spiegato Chirico – che ho realizzato a Città di Castello. Le ante in legno simboleggiano una riflessione sul ciò che è stato e da queste si intravede, con i battenti che si schiudono, il futuro, rappresentato da un volo di colombe in metacrilato. Un auspicio che possa tornare a primeggiare dentro di noi l’amore che ha la grande forza di rinnovarsi e creare la vita”.
“Penso – ha concluso il pittore – che attraverso le mie opere si percepisca la voglia di migliorarmi che non è cessata perché sento di avere ancora molta strada da fare e molte cose da raccontare”.