Il Museo d’arte Mendrisio inaugura domenica 24 marzo la mostra Enrico Castellani, una retrospettiva comprendente 60 opere che abbracciano l’intera carriera dell’artista. Dipinti, superfici a rilievo, opere su carta, installazioni, sculture, stampe e un’intera sezione documentaria – con alcuni inediti – sono presentati nel percorso espositivo con pertinenza cronologica attraverso le sale, ciascuna delle quali è dedicata a un momento specifico della ricerca di Castellani. La mostra è curata da Barbara Paltenghi Malacrida, Francesca Bernasconi, Federico Sardella, ed è organizzata in collaborazione con la Fondazione Enrico Castellani.
Dalle composizioni ad olio e fili su tela ai disegni della fine degli anni Cinquanta (Ombre) che hanno aperto la strada alle tele “estroflesse”, dai dittici e dalle superfici angolari alle enigmatiche installazioni (Il muro del tempo, Spartito), da una selezione di stampe alle ultime opere realizzate in alluminio aeronautico, l’esposizione distribuita sui 600 metri quadrati del Complesso dei Serviti permetterà agli spettatori di avere una visione completa della pratica artistica di Castellani, dai meno noti esordi all’elaborazione del suo linguaggio più conosciuto. La mostra si avvale del sostegno della Banca del Sempione, del contributo della Repubblica e Cantone Ticino, Fondo Swisslos, e della media partnership di RSI Rete 2.
La presenza di Enrico Castellani (1930-2017) sulla scena artistica della seconda metà del Novecento, è stata certamente tra le più influenti e carismatiche, grazie alla sua costante e rigorosa ricerca intorno al concetto di spazio e di tempo, e alla loro rappresentazione.
Nel 1952 si trasferisce in Belgio dove, dopo un iniziale passaggio all’Académie Royale des Beaux- Arts di Bruxelles, preferisce seguire studi in architettura frequentando l’École nationale supérieure
d’architecture et des arts décoratifs de La Cambre, dove si laurea nel 1956. Al suo ritorno in Italia incontra l’artista Piero Manzoni, con il quale sviluppa una profonda amicizia e uno straordinario
sodalizio artistico.
Nel 1959 fondano la fondamentale rivista “Azimuth” (uscita in soli due numeri) e la quasi omonima galleria Azimut, che presenta 13 mostre nell’arco di 8 mesi con l’obiettivo di esplorare le tendenze artistiche più innovative che si stavano sviluppando non solo in Italia ma anche all’estero.
Se le prime opere sono debitrici di un certo tipo di espressionismo astratto, in particolare della pittura segnica di Mark Tobey, a partire dalla fine degli anni Cinquanta Castellani sviluppa una pratica artistica personale e ben riconoscibile, che lo rende protagonista della nuova scena culturale europea. Le sue tele monocrome, in cui la superficie viene modificata e ritmata da sequenze accuratamente studiate di estroflessioni e introflessioni, catturano infatti rapidamente l’attenzione del panorama artistico contemporaneo, di cui diventa una delle figure più influenti. Viene invitato a presentare le sue opere a mostre fondamentali come Monochrome Malerei (Leverkusen, 1960), The Responsive Eye (MoMA, 1965) ed è presente più volte alla Biennale di Venezia (nel 1964 e nel 1966).
Nei decenni successivi persegue il suo affascinante, quanto misterioso, alfabeto visivo con rigorosa determinazione e il suo lavoro viene regolarmente presentato in mostre nazionali e internazionali come Vitalità del negativo nell’arte italiana 1960/70 (Palazzo delle Esposizioni, Roma 1970), Identité italienne. L’art en Italie depuis 1959 (Centre Georges Pompidou, Parigi, 1981), The Italian Metamorphosis, 1943-1968 (Solomon R. Guggenheim Museum, New York 1994). La sua straordinaria carriera culmina nel 2010 con il conferimento a Tokyo del Praemium Imperiale per la pittura, il più alto riconoscimento artistico. Enrico Castellani muore a Celleno nel 2017. Il progetto espositivo sviluppato dal Museo d’arte Mendrisio in stretta collaborazione con la Fondazione Enrico Castellani costituisce la prima presentazione del suo lavoro in un museo svizzero e la prima retrospettiva organizzata dopo la morte dell’artista avvenuta nel 2017.