“Dove c’è molta luce, l’ombra è più nera”: è questa la frase che apre la mostra “Nero Perugino Burri” che è stata inaugurata lo scorso 21 giugno e resterà visitabile fino al 2 ottobre a palazzo Baldeschi al Corso, nel centro di Perugia. Anche questa esposizione rientra fra gli appuntamenti proposti in occasione del Cinquecentenario dalla morte di Pietro Vannucci, detto il Perugino, ed è stata voluta dalla Fondazione Perugia in collaborazione con la Fondazione Burri di Città di Castello. La mostra “Nero Perugino Burri”, curata da Vittoria Garibaldi e Bruno Corà, propone un curastissimo allestimento, con un’atmosfera permeata dal colore nero, dal quale emergono, grazie ad una doviziosa illuminazione, le opere di due tra i più grandi artisti umbri solo apparentemente lontane nel tempo e nei concetti che le animano.
“L’intuizione di mettere a confronto i due maestri – afferma la Presidente di Fondazione Perugia Cristina Colaiacovo – si è sviluppata a partire dal desiderio di valorizzare, in occasione del Cinquecentenario, il gioiello più prezioso della collezione d’arte di proprietà della Fondazione: la tavoletta del Perugino raffigurante la Madonna con il Bambino e due cherubini. Da qui ha avuto origine il percorso, che inizialmente doveva essere dedicato al solo Pietro Vannucci e che, successivamente, ci ha condotto, grazie alla competenza dei curatori, a una mostra originale che rappresenta una vera novità nel panorama espositivo. Siamo molto grati alla Fondazione Burri per questa proficua collaborazione tra istituzioni culturali del territorio che continueremo a coltivare a beneficio dell’attrattività della nostra regione”.
Quella proposta è una mostra emozionale dove il comune denominatore è il nero: colore che assorbe la luce, azzerante eppure esaltatore degli altri colori, vibrazione che suscita paura, inquietudine, incertezza ma anche charme e bellezza. Così, nel visitare la mostra si entra in un allestimento dove, ad una analisi superficiale, sembra emergere la diversità delle opere dei due artisti tra cui intercorrono più di 5 secoli ma che improvvisamente, ad una analisi più attenta, si scoprono vicini nelle scelte, nell’approccio al colore, nella composizione; ogni visitatore poi può trarre le proprie conclusioni, e lasciarsi coinvolgere dalle proprie, intime emozioni. Otto sono le opere del Perugino e dieci quelle di Burri proposte nella mostra, tra le quali sono da sottolineare i prestiti provenienti dal Louvre e delle Gallerie degli Uffizi oltre alla vicina Galleria Nazionale dell’Umbria. “Dopo la visita di questa mostra, trascinati dallo strepitoso successo de “Il meglio maestro d’Italia” siamo convinti che i visitatori saranno invogliati ad andare nei luoghi di Perugino e Burri”.
Donatella Binaglia e Benedetta Tintillini