Martina, nipote di Pablo Picasso, racconta il suo rapporto complicato con il celeberrimo nonno
“Mio nonno è stato un pittore geniale, ma al contempo un uomo assolutamente anaffettivo. E’ vero, come a molti dei miei cugini mi ha lasciato una cospicua eredità . Eppure mi sono sempre sentita sola, abbandonata, un’orfana senza alcun legame con l’ingombrante nonno”. E’ quanto ha rivelato in un’intervista al settimanale francese ‘Point de vue’ Marina Picasso, nipote del celebre pittore, dopo la vendita all’asta di una parte dell’ingente patrimonio che il nonno le ha lasciato in eredità.
Un’asta (da Sotheby’s a Londra) che ha riunito un centinaio di opere, tra sculture, ceramiche, disegni, battuti per 15,8 milioni di euro e che ha scontentato e irritato molte persone, compresi alcuni membri della famiglia Picasso. “Non ho dilapidato il mio patrimonio – ha raccontato ancora al settimanale francese – Il mercato non è stato assolutamente scosso da prezzi al ribasso, come da alcuni è stato fortemente denunciato. Ho 65 anni, 5 figli e sto semplicemente organizzando la mia successione”.
Figlia di Paulo, che Picasso ebbe dalla prima moglie, la ballerina di origine russa Olga Khokhlova, stella dei Ballets Russes di Diaghilev, Marina visse sempre all’ombra dell’augusto nonno.
Donna fragile, tormentata (il fratello Pablito si suicidò giovanissimo), devastata dall’anoressia, ma soprattutto dal ‘gran rifiuto’ del nonno, costretta a vivere quasi in miseria con la sua famiglia, Marina Picasso è riuscita però a trasformare, negli anni, quel suo lutto affettivo in risorsa mettendosi a servizio degli altri, soprattutto dopo aver scritto un libro, dolorosissimo, ‘Grand père’ e anni e anni di analisi.
“Mi sono finalmente riappacificata con me stessa, con il mio passato, con quel nonno così ingombrante – ha confessato ancora a ‘Point de vue’-. Oggi so distinguere l’uomo, l’artista geniale, il nonno, quello che Pablo Picasso è stato. Irrispettosi di ogni regola, di qualsiasi principio e legame, seppur familiare. Abbiamo pagato un prezzo altissimo al suo genio, soprattutto mio fratello, suicidatosi giovanissimo”.
Marina Picasso nell’intervista ha ricordato ancora il padre Paulo, la madre Emilienne Lotte con problemi di alcolismo. “Mio nonno non voleva aver problemi – ha spiegato – Mia madre malata, il divorzio dei miei genitori, io e mio fratello che lo aspettano per giorni interi nei giardino della sua villa ‘La Californie’, senza che mio nonno ci ricevesse mai. Quello che ci è mancato – ha proseguito- non sono stati i soldi, forse anche quelli, ma soprattutto l’amore di un nonno”.
“Tutti pensavano che fossimo ricchi, felici – ha proseguito Marina Picasso -. Ma la realtà era completamente diversa. Strano destino quello delle donne della famiglia Picasso – ha aggiunto- Mia nonna, di origine russa, era un’aristocratica. Aveva abbandonato la sua carriera in seno ai Ballets Russes per stare vicina a mio nonno. Cominciò ad ammalarsi quando seppe della relazione del marito con Marie -Thérèse Walter. Non si riprese più da quel dolore”.
Quella stessa Marie- Thérèse Walter che si uccise impiccandosi o Jacqueline Roque, una delle sue ultime muse, anche lei morta suicida. Strano destino anche quello delle opere del grande Picasso ereditate dalla nipote Marina. “Ho aspettato molti anni prima di aprire i bauli pieni dei quadri di mio nonno – ha raccontato ancora nell’intervista- Quando decisi finalmente di farlo, appesi i suoi ritratti in casa al contrario. Troppi ricordi, troppo dolore, troppe umiliazioni”.
Eppure Marina Picasso è riuscita a trasformare il suo dolore in forza rigeneratrice, fondando e sostenendo, qualche anno fa, la nascita di un orfanotrofio in Indocina. Mentre a Marsiglia ha recentemente inaugurato una casa famiglia aperta ad adolescenti in difficoltà. “Per dare un senso alla mia vita, per poter ridistribuire a coloro che hanno più bisogno una parte della mia ricchezza – ha concluso nell’intervista a ‘Point de vue’- E non soltanto continuare a ripetermi, ‘in fondo non sono che la nipote di Pablo Picasso. Un mestiere anche quello… Che non ho mai voluto accettare”.