Non si è spento il ricordo delle vicende legate alla miniera di lignite e al campo di lavoro di Pietrafitta/Tavernelle. Su iniziativa dell’Isuc, in collaborazione con i Comuni di Piegaro e Panicale, la Biblioteca intercomunale “Ulisse” di Tavernelle e “Sistema Museo”, martedì 17 marzo alle ore 10,30 la stessa Biblioteca intercomunale ospiterà una serie di iniziative per riaccendere i riflettori sugli anni ’43-’44. “Immagini di vita durante la Resistenza in Umbria” è il titolo della mostra tratta dalla più ampia “R-Esistenze. Umbria 1943-44”, organizzata in occasione del settantesimo anniversario della resistenza e della liberazione dell’Umbria dal Nazifascismo, che martedì prossimo sarà presentata da Tommaso Rossi (ricercatore Isuc). Quest’ultimo, con Alberto Sorbini (direttore Isuc), ha curato l’omonimo catalogo (Editoriale Umbra, Foligno 2014). Nella stessa mattina gli studenti delle scuole secondarie di primo grado del territorio presenteranno il progetto “Venti righe di memoria. Studenti in azione”, leggendo testimonianze sulla miniera e sul campo di lavoro raccolte da loro stessi tra la popolazione. Di questo campo di lavoro parleranno poi più diffusamente Dino Renato Nardelli e Luca Pregolini, autori del volume “Impiegati in lavori manuali. Lo sfruttamento dei prigionieri di guerra e degli internati civili slavi nei campi di concentramento in Umbria. 1942-1943 (Editoriale Umbra, Foligno 2014)”.
Per saperne di più
Tra la metà del 1942 e il settembre 1943 il territorio dell’Umbria vide il funzionamento di un significativo numero di campi di concentramento che facevano parte di un sistema messo a punto dal regime fascista inizialmente per “ospitare” i dissidenti politici, poi i soldati degli eserciti nemici catturanti sui vari fronti di guerra ma soprattutto nei Balcani. Il territorio umbro vide le due tipologie di detenzione convergere verso un’unica finalità: quella dell’impiego dei prigionieri nell’estrazione della lignite, come nel caso del campo di lavoro di Pietrafitta. Questo “carbone povero”, molto diffuso in Umbria, era infatti divenuto di nuovo indispensabile come fonte energetica da quando gli eventi bellici avevano reso quasi impossibili le importazioni di carbone anche dalla Germania, mentre la necessità di avere uomini in armi sui vari fronti di guerra, che già aveva riportato le donne nel mercato del lavoro, induceva ad utilizzare anche i prigionieri.