La città romana di Urbs Salvia, nelle Marche, si estendeva lungo il pendio di Colle San Biagio fino al fondovalle, arrivando a lambire il fiume Fiastra che, a 3-4 km dal sito archeologico, si getta nel Chienti. La città romana, orientata verso nord, nella parte pianeggiante presentava la parte extra urbana con l’anfiteatro.
L’attuale strada provinciale, che scorre attraverso il parco archeologico, 2000 anni fa era una via di primaria importanza: la via Salaria Gallica. Diramazione della Salaria principale che da Ostia, attraverso Roma ed il reatino, arrivava ad Ascoli dove si diramava la Salaria Gallica, che attraverso i Monti Sibillini, puntava vero nord verso Osimo e Jesi per arrivare a Fossombrone, anch’esso municipio romano, dove incrociava la via Flaminia che usciva dal traforo del Furlo, lungo 38 mt (opera mirabile di ingegneria per quei tempi) fatto realizzare dall’imperatore Vespasiano.
La Salaria Gallica deve il suo nome al suo ruolo di unire la parte picena con la parte gallica delle attuali Marche. La località di Senigallia ad esempio, la cui origine è antecedente a quella di Rimini, ancora porta il nome dei suoi primi abitanti, località che diventò poi la prima colonia romana sull’Adriatico.
Arteria molto importante che collegava Ascoli con il nord delle Marche, lungo la via Salaria Gallica sono stati rinvenuti i resti di molti edifici, anche fuori delle mura urbane, come le due tombe (ancora visibili con la fattezza di due torri) a forma di parallelepipedo, che potevano arrivare a 4-5 mt di altezza.
L’Urbisaglia medievale nacque da ciò che restava della città romana nel X e XI secolo, di lei, e del suo declino, accenna anche Dante Alighieri, attraverso il personaggio di Cacciaguida, in due terzine del XVI canto del Paradiso della Divina Commedia. L’avo di Dante parla delle nobili famiglie di Firenze che, arrivate all’apice della gloria, poi scompaiono, facendo un parallelo con le città una volta fiorenti, poi finite:
“Se tu riguardi Luni e Orbisaglia
Come sono ite, e come se ne vanno
Di retro ad esse Chiusi e Sinigallia,
udir come le schiatte si disfanno
non ti parrà nova cosa né forte,
poscia che le cittadi termine hanno”
Dante quindi conosceva Urbisaglia, che aveva già assunto il suo nome attuale, e la sua storia antica. O forse era giunto fin qui, dati i suoi viaggi nelle Marche, anche se non ci sono prove certe del suo passaggio in questi luoghi.
Le mura, visibili nel parco archeologico, risalgono al periodo della pax romana. La cinta muraria, molto esile, fu realizzata in laterizio a dimostrazione che, in quel periodo, si viveva in pace e non c’era quindi bisogno di possenti mura di difesa.
L’area del Foro era tagliata in due dalla Salaria gallica che, dentro le mura cotituiva il cardo maximus. Ad un lato di esso si estendeva l’area sacra mentre, sul lato opposto, era situato il resto del Foro dove sono stati individuati i resti di un porticato che, probabilmente, lo cingeva parzialmente. Altri edifici rinvenuti fanno pensare ad un impianto termale che, sicuramente, non poteva mancare in una città importante di circa 50 ettari e 15000 abitanti come era Urbs Salvia nel I secolo dc. I resti di una fornace, la base di un monumento onorario ed un tempio, sono altre emergenze rinvenute.
Sicuramente l’edificio di maggior rilievo è il Tempio della Salus Augusta, esastilo con capitelli corinzi e rampa centrale con una piattaforma che dava accesso ad un portico inferiore, o criptoportico, che girava intorno al tempio. Ad essere venerata in tale luogo di culto era la salute di Augusto e della sua famiglia: proprio Urbisaglia fu uno dei primi luoghi dove fu introdotto il culto politico imperiale sotto Tiberio. L’importanza della città di Urbs Salvia è data anche dal fatto che solo in cinque città, in tutto l’ambito italico, era venerata la Salus Augusta: Terni, Gabi, Roma, Rimini e, appunto, Urbs Salvia.
Il portico superiore del tempio era dotato di un matroneo per permettere ai devoti di assistere alle cerimonie mentre, nella parte retrostante del tempio, è presente uno spazio circolare, probabilmente il luogo dove culminavano le cerimonie religiose e dove i sacerdoti si disponevano in cerchio intorno ad un altare per i sacrifici.
Il lato sud del criptoportico fu oggetto di scavo da parte dell’Università di Macerata durante negli anni ’70, grazie ai rilievi effettuati dalle foto aeree scattate durante l’ultimo conflitto mondiale. In quella occasione furono portati alla luce 140 mt di criptoportico disposti su tre lati. Il portico presenta due navate formate da una serie di pilastri che terminano con delle absidi, tipico schema di una basilica, il che vorrebbe dire che si trattava di un’area pubblica, ovvero un prolungamento del foro che si poteva usare in caso di condizioni climatiche avverse ma, essendo all’interno di un’area sacra, il luogo potrebbe essere stato anche adibito al culto.
Il criptoportico è mirabilmente affrescato con elementi celebrativi della potenza militare romana nel terzo stile pompeiano, fortemente geometrico, che fu in voga nella prima epoca imperiale, dall’età di Augusto a Claudio (27 ac – 50 dc). L’apparato pittorico presenta, nei pannelli centrali, una serie di bellissime armi mostrate come trofei, richiamando l’iconografia molto diffusa dei trionfi. Nel registro superiore scene di caccia violente e dinamiche, la caccia era uno degli spettacoli preferiti dei romani, qui sicuramente metafora di una situazione bellica che rappresenta Roma vittoriosa sui suoi nemici. Lune dai tratti umani probabilmente rimandano a Diana, dea della caccia. Altri affreschi, sul registro inferiore, presentano delle bellissime maschere dalla tecnica raffinata, con creature varie come satiri, fauni, una medusa, una civetta, un caprone, dalla funzione ignota, forse decorativa forse apotropaica.
Molto varia la fauna rappresentata: cani, orsi, leoni ed animali forse di origine asiatica. I registri, dati i diversi stili e livelli di bravura, furono sicuramente realizzati da artisti diversi. Visibile una nicchia con fontana poi livellata ed i pilastri crollati, si pensa a causa di un terremoto, ancora obliqui, come fossero venuti giù solo da qualche giorno.
Ulteriori nuovi scavi hanno portato alla luce delle mura perimetrali, probabilmente di un edificio dotato di molte vasche per le abluzioni a fini terapeutici che confinava quindi con il tempio della Salus e, probabilmente, con un altro tempio, del quale è tornato alla luce un muro, forse dedicato ad Esculapio, figlio di Apollo e padre della medicina.
La ricchezza di Urbs Salvia è documentata anche dalla rinvenuta monetazione, molto estesa; soprattutto il I secolo d.C. fu il suo periodo di maggior splendore. Ricchi anche i commerci: molte anfore provenienti dall’Africa, Grecia, Spagna, Medio Oriente, 50 tipi di marmo rinvenuti fanno pensare ad un patriziato molto ricco, tanto è vero che, al Museo Archeologico di Urbisaglia, sono conservate preziose statue, rinvenute nel sito, realizzate con marmo di Luni ed in marmo pario.
Benedetta Tintillini
Si ringrazia l’Associazione Culturale Matavitatau
Il parco archeologico di Urbs Salvia su Google Maps: