Un incremento del 10% rispetto al 2014 di ragazzi e ragazze che scelgono il pellegrinaggio con l’Unitalsi (Unione nazionale italiana trasporto ammalati a Lourdes e santuari internazionali) come “percorso di rinascita spirituale”, ma anche perché questa esperienza “li avvicina alle persone più fragili e permette loro di impegnarsi accanto a chi soffre”.
Sono questi alcuni dei dati emersi dal dossier realizzato dal Servizio sanitario dell’Unitalsi per delineare un possibile identikit del pellegrino giovane che si reca in pellegrinaggio e in prospettiva a Roma per l’Anno giubilare. L’indagine è stata effettuata su un campione di 5.500 persone, tra i 14 e i 34 anni, che da gennaio 2015 ad oggi si sono rivolte all’Unitalsi per partecipare a un pellegrinaggio a Lourdes, ma anche nei maggiori santuari europei, italiani e in Terrasanta. L’occasione per la presentazione del dossier è stata il convegno ‘Il medico e la misericordia’, tenutosi in occasione del pellegrinaggio nazionale dell’Unitalsi al santuario francese.
I giovani italiani vedono nel pellegrinaggio e nel vivere l’anno giubilare non solo una possibilità di riscatto umano e spirituale (43%), ma soprattutto l’occasione per mettersi alla prova a sostegno di chi è malato e soffre (57%). L’idea del Giubileo straordinario dedicato alla misericordia potrà solo amplificare questa predisposizione dei giovani ad incontrare l’altro, il meno fortunato. Le regioni dalle quali partono più i giovani sono la Campania, il Lazio e il Nord Est d’Italia (Trentino, Veneto e Friuli Venezia Giulia). Inoltre, il 66% sono donne e il 34% maschi.
“Da Lourdes- spiega Federico Baiocco, responsabile nazionale medici Unitalsi- vogliamo lanciare una segnale positivo sui giovani che sono con Francesco per l’impegno al fianco di chi è meno fortunato proprio nello spirito giubilare. In tale contesto anche il pellegrinaggio assume un valore forte non solo spirituale, ma anche umano e formativo. Alla vigilia dell’avvio del Giubileo straordinario abbiamo voluto riflettere su medico e misericordia proprio per ribadire nello stile unitalsiano che al centro di ogni nostra azione c’è sempre la persona umana con i suoi inalienabili diritti. Senza questa centralità dell’uomo, soprattutto di quello debole ed emarginato, non potremo essere medici misericordiosi”.