Sistemi innovativi di accessibilità per disabili e giardini lussuosi ricostruiti. Pompei amplia i percorsi di fruizione della città antica attraverso l’apertura della Villa di Diomede e della Casa dei Dioscuri, due grandi edifici di Pompei che aprono al pubblico al termine degli interventi di messa in sicurezza e restauro.
Mercoledì 9 novembre alle ore 11,00 i due complessi abitativi sono stati inaugurati dal Direttore Generale dei Musei, Massimo Osanna, dal Direttore Generale del Parco archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel e dal Direttore Generale del Grande Progetto Pompei – Unità Grande Pompei, Gen.B.CC. Giovanni Di Blasio Giovanni Di Blasio.
Con queste attese aperture, il Parco archeologico avvia la restituzione alla fruizione di grandi dimore, che oltre ad aggiungersi all’offerta di visita della città antica, prevedono il potenziamento dei percorsi dedicati alle persone con disabilità con una percorribilità fino al 90%, come nel caso dei due piani del complesso della Villa di Diomede e la rigenerazione dei giardini della Casa dei Dioscuri – attraverso una nuova interpretazione dei dati archeologici e una vera e propria materializzazione delle pitture di giardino della casa, oggi quasi invisibili ma testimoniate dai disegni dei visitatori ottocenteschi – vero fulcro della vita domestica e dell’organizzazione spaziale e visuale della lussuosa dimora.
Garantire l’accessibilità e l’inclusione sempre maggiore di tutti i visitatori e in sempre più edifici di Pompei è una priorità che il Parco archeologico sta perseguendo ed affinando in tutti i suoi progetti di restauro. A questo si affianca la valorizzazione dei giardini e delle aree verdi in generale, che sono parte integrante del paesaggio della città antica.
Presso la Villa di Diomede saranno presenti, al termine della visita, bambini e adolescenti con autismo e disabilità cognitiva del Centro riabilitativo di Pompei. Nell’ambito di una convenzione promossa dal Parco archeologico con la Cooperativa sociale Il Tulipano, i ragazzi e le loro famiglie stanno seguendo un percorso di agricoltura sociale che comprende la raccolta della frutta nei giardini delle domus, nel vivaio e nei frutteti dell’area archeologica –a cominciare da melograni e mele cotogne per poi proseguire con i frutti del biancospino, gli agrumi, le sorbole- e la trasformazione, con ricette desunte da autori antichi come Plinio, in succhi e marmellate.