Anche quest’anno, con apposita delibera, la Regione Umbria ha annunciato il programma di ripopolamento di trote per la prossima apertura di pesca: nei corsi d’acqua dell’Umbria saranno rilasciate 72 quintali di trote pronta pesca, solo 100 kg in meno rispetto allo scorso anno, a dispetto di tutte le misure di conservazione previste dal Piano Ittico regionale e dalle norme nazionali ed europee e ampiamente consigliate dal mondo scientifico per la salvaguardia della biodiversità dei fiumi e volte a favorire e a promuovere una più sostenibile attività di pesca.
“La massiccia introduzioni di trote non autoctone effettuate nel corso degli anni non ha portato nessun beneficio ai fiumi dell’Umbria – commentano Legambiente Umbria e WWF Umbria – sono state invece una delle principali cause della rarefazione e di inquinamento genetico della trota mediterranea, autoctona e indicata dalla Direttiva 92/43/CEE tra le specie animali e vegetali d’interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione. I ripopolamenti “pronta pesca” continuano ad essere un inutile spreco di denaro e servono solo ad assicurare consenso elettorale e accontentare le richieste di quella parte di pescatori meno informata e attenta verso una seria gestione della pesca.”
Secondo le due associazioni ambientaliste la pratica delle immissioni pronta pesca va superata, soprattutto nelle acque secondarie di categoria A, cioè in quei corsi d’acqua minori e di maggior pregio dal punto di vista ambientale e naturale. I corsi d’acqua dovrebbero essere gestiti in modo tale da assicurare l’incremento della produttività naturale, nel riequilibrio biologico e del mantenimento delle linee genetiche originarie delle specie ittiche.
“I fiumi dell’Umbria sono sottoposti a fortissime pressioni – continuano Legambiente Umbria e WWF Umbria – inquinamento, l’alterazione degli habitat, l’eccessivo prelievo delle risorse idriche a scopo industriale, agricolo e idropotabile, cambiamenti climatici ed è innegabile che l’eccessiva presenza di pescatori come avviene con puntuale consuetudine nei giorni dell’apertura della stagione di pesca, il bracconaggio, così come le variazioni della diversità biologica in seguito a immissioni e ripopolamenti con materiale ittico alloctono, sono alcune delle cause che determinano perdita di biodiversità e danni per gli ecosistemi”.
Anche continuare a mantenere calendari di avvio della stagione di pesca diverse tra regioni limitrofe crea gravi conseguenze soprattutto per le acque di pregio e i delicati ecosistemi della Valnerina.
Seguendo le indicazioni della UE e per non compromettere la riproduzione delle trote autoctone, alcune regioni italiane hanno già provveduto a modificare i loro calendari: ad esempio la Regione Emilia Romagna prevede l’apertura della pesca l’ultimo fine settimana di marzo, la Regione Marche apre alla pesca il secondo fine settimana di marzo.
“Ancor più in questo momento, con i cambiamenti climatici che contribuiscono ad amplificare le criticità, tutte le amministrazioni, da quella regionale ai Comuni dovrebbero dimostrare un impegno maggiore e più incisivo per la salvaguardia dei nostri fiumi – concludono le due associazioni – occorre intervenire velocemente e con determinazione per ridurre tutte le fonti di inquinamento, aumentare i controlli e i monitoraggi, potenziare le infrastrutture fognarie e i sistemi di depurazione civili e industriali, ostacolare in modo netto eventuali trasgressioni. Occorre puntare senza alcuna esitazione sui progetti di salvaguardia della biodiversità come quello avviato per il recupero della trota mediterranea autoctona. Serve anche un cambio di passo da parte delle associazioni di pesca sportiva che si dovrebbero spendere per chiedere a gran voce ed insieme alle associazioni ambientaliste tutte quelle misure volte alla tutela dei fiumi dell’Umbria”.