Riapertura in grande per le Gallerie degli Uffizi che non finiscono mai di stupire.
Alle Gallerie degli Uffizi 14 stanze traboccanti di 129 opere: protagoniste, accanto ad Andrea del Sarto, Parmigianino, Pontormo, Sebastiano del Piombo, anche le recenti acquisizioni di Daniele da Volterra, Rosso Fiorentino e l’Enigma di Omero del bolognese Bartolomeo Passerotti, per secoli ritenuto perduto. Nella selezione di autoritratti anche Bernini, Chagall, Guttuso.
Al piano terreno, grazie a spazi finalmente restaurati e recuperati, cambia e si snellisce in funzione di contrasto alle file il sistema di ingressi: ora si fa il biglietto e si entra dalla parte del complesso vasariano più vicina all’Arno. Complessivamente gli Uffizi crescono di oltre duemila metri quadrati.
Il direttore Eike Schmidt: “questa riapertura sorprenderà il pubblico con una serie di capolavori finora mai visti ed altri ben noti, ma esposti in modo da riscoprirli nel loro significato più profondo”
Capolavori di Daniele da Volterra, Rosso Fiorentino, Bartolomeo Passerotti (una grande tela ritenuta perduta da secoli), e tanti altri maestri, mai esposti in maniera permanente al pubblico ma adesso protagonisti, insieme ad Andrea del Sarto, Parmigianino, Pontormo, Sebastiano del Piombo del prezioso allestimento di tredici nuove sale dedicate ai grandi della pittura fiorentina, emiliana e romana del Cinquecento. Una quattordicesima nuova sala è uno speciale “assaggio”, sintesi ed anticipazione degli spazi che presto accoglieranno gli autoritratti degli artisti collezionati nel corso dei secoli, con lavori, tra gli altri, di Bernini, Cigoli, Chagall, Guttuso. Una rivoluzione nell’ingresso al museo, tesa a snellire e fluidificare le code, con una nuova biglietteria, un nuovo sistema di accesso e ampi spazi di accoglienza nella parte del complesso vasariano più vicina all’Arno. Riapre così, domani mattina alle 8,15, dopo l’ultima chiusura durata oltre due mesi, la Galleria degli Uffizi di Firenze.
Complessivamente, la riapertura testimonia una crescita per il museo di oltre duemila metri quadrati, con 14 nuove sale traboccanti di opere d’arte al primo piano della Galleria (sono 129, molte delle quali mai viste finora dal grande pubblico) e 22 locali al piano terreno adibiti a varie funzioni di ingresso e servizi, da oggi a disposizione della Galleria (con gli affreschi riemersi a sorpresa durante i lavori di restauro nell’ala di Ponente, tra i quali uno con il ritratto a figura intera di Cosimo II de’ Medici, attribuito all’ambito di Bernardino Poccetti).
Le nuove sale del Cinquecento fiorentino, emiliano e romano e la prima raccolta di autoritratti degli artisti
Le nuove sale, visitabili dalla ripaertura, che affiancano al primo piano della Galleria il corridoio dove le opere erano prima esposte (a partire dal 2011), erano state finora utilizzate per mostre temporanee, oppure erano chiuse. Adesso, con un cambiamento nel percorso di visita del museo, accolgono i visitatori in arrivo dal secondo piano attraverso la scala Buontalenti o l’ascensore situati tra la sala di Leonardo e quella di Michelangelo-Raffaello a metà del Corridoio di Ponente (non si passerà dunque come fino ad ora dallo scalone dei Lanzi, accessibile dal fondo dello stesso corridoio).
Nei nuovi ambienti le opere non sono più esposte in maniera sequenziale lungo la direttrice del corridoio, ma dialogano fra loro: in questi spazi si creano infatti direttrici visuali, confronti incrociati, corrispondenze che portano a una istintiva assimilazione e comprensione da parte del visitatore. L’allestimento è protetto da vetri di ultimissima generazione, praticamente senza rifrangenza: questa novità tecnica permette di avvicinarsi a pochi centimetri dalla superficie dei dipinti e delle sculture, senza avvertire barriere ottiche e senza far scattare fastidiosi allarmi. I quadri prima esposti nei corridoi, dove erano appiattiti da una luce diretta al soffitto, assumono adesso un nuovo risalto. Si è data una nuova importanza alle scuole extra toscane: per il ‘500 romano la tela con la sublime “Morte di Adone” di Sebastiano del Piombo può finalmente essere di nuovo vista a un’altezza che permette di apprezzare ogni dettaglio. Guardandola si ha quasi l’impressione di entrare a far parte della scena stessa.
Nella sala accanto stanno due recentissimi acquisti degli Uffizi, i dipinti di Daniele da Volterra – stretto seguace di Michelangelo – raffiguranti la Sacra Famiglia con Santa Barbara e l’Elia nel deserto, quest’ultimo celebrato dalla rinomata rivista inglese di settore Apollo, tra le “Acquisitions of the Year” nel 2018.
Un altro acquisto prestigioso viene esposto per la prima volta, nelle sale dedicate all’arte emiliana: è la tela raffigurante Omero e l’enigma dei pidocchi di Bartolomeo Passerotti, pesarese attivo a Bologna, eseguito per il fiorentino Giovanni Battista Deti. L’acquisizione del dipinto da parte degli Uffizi è stata una vera e propria operazione di tutela di un tesoro cittadino, che altrimenti poteva rimanere sconosciuto o disperso sul mercato dell’arte.
Un capolavoro indiscusso del Manierismo emiliano è la celebre Madonna dal collo lungo di Parmigianino, ora sulla parete di fondo di una sala raccolta e profonda, così che l’opera appare come in un canocchiale prospettico che attrae l’osservatore. Ci si sente spinti ad avvicinarsi sempre di più, fin quasi a toccare le superfici argentee del dipinto, come molti altri agli Uffizi ora protetto da una teca climatizzata che permette di ammirarlo a pochi centimetri di distanza senza danneggiarlo. Questo particolare allestimento delle opere, realizzato anche grazie al contributo dei Friends of the Uffizi Galleries, è stato disegnato dall’architetto Antonio Godoli e unisce soluzioni ottimali di presentazione, aspettative di visione perfetta da parte dei visitatori, e sistemi di protezione altamente sofisticati e ineguagliati al mondo.
L’arte emiliana continua nelle sale accanto, con Dosso Dossi e seguaci, nonché con uno stupefacente “camerino” che accoglie i dipinti dei maggiori artisti di Ferrara incastonati sulle pareti come gioielli.
Il riallestimento dei dipinti di Dosso ha avuto come conseguenza anche un nuovo assetto della stanza “rossa” dove essi si trovavano prima, immediatamente prima della sezione dedicata a Caravaggio e ai pittori caravaggeschi. Li hanno sostituiti opere della pittura lombarda e lombardo-veneta del Cinquecento: vi si può ora ammirare una luminosa e tizianesca Cena in Emmaus recentemente attribuita a Simone Peterzano, maestro di Caravaggio.
L’arte toscana viene resuscitata dal nuovo allestimento, che vanta una novità sensazionale: il San Giovanni Battista di Rosso Fiorentino, uno dei capiscuola del manierismo a Firenze (e Oltralpe), parte del lascito del professor Carlo Del Bravo, donato agli Uffizi nel luglio 2020 (selezionato anch’esso come il Daniele da Volterra due anni prima, tra le “Acquisitions of the Year” della rivista britannica “Apollo”). Il dipinto è piccolo, ma sprigiona un’energia e una potenza folgoranti: quasi un simbolo dell’acutezza e dell’originalità di pensiero del suo precedente proprietario, un grande storico dell’arte che ha forgiato generazioni di intellettuali e storici dell’arte, innamorati del suo metodo e delle sue conoscenze.
Il percorso glorioso del primo Cinquecento toscano si mostra con visuali nuove, allo stesso tempo teatrali e filologiche: la Madonna delle Arpie di Andrea del Sarto è presentata su una sorta di altare in pietra, mentre voltandosi a sinistra si vede nella stanza accanto, inquadrato dallo stipite in pietra serena della porta, l’Angelo che suona il liuto di Rosso Fiorentino – una delle icone più amate e più riprodotte degli Uffizi. A destra si apre un’altra stanza dove la Visitazione di Mariotto Albertinelli è esposta in maniera da ricostruire l’assetto originale della pala d’altare, con la predella al di sotto della tavola principale: una soluzione che privilegia l’aspetto storico dell’insieme, uno dei pochissimi che si siano mantenuti integri dopo lo smantellamento dell’altare di provenienza. Con il vantaggio che le storielle con la Vita di Gesù, a circa mezzo metro da terra, possono essere un prezioso strumento per le iniziative di educazione museale rivolte ai bambini.
E dunque, ammirata questa sala dedicata alla prima Maniera fiorentina (ma con uno strepitoso tondo del senese Beccafumi) si entra poi in quella con le opere di Andrea del Sarto, e da qui si passa alla stanza che contiene la rassegna dei dipinti di Pontormo e Rosso Fiorentino, di potenza stordente. Dal fortissimo di questo spazio si passa all’andante moderato di due spazi adiacenti, con opere più pacate (ancora dipinti di Pontormo, Andrea del Sarto, ma anche di Bachiacca, Granacci, Puligo) che illustrano l’atmosfera a Firenze nei primi decenni del Cinquecento, e il corridoio d’ingresso dove si possono ammirare dipinti monocromi di Andrea del Sarto e Pontormo che ornavano i carri del carnevale del 1513 (occasione in cui si festeggiò anche l’elezione del primo papa Medici, Leone X). Una cesura preziosissima in questo festival di quadri e colori è il “Corridoio dei marmi”, uno spazio quasi silenzioso e di quiete, dalle tinte tenui, dove davanti a una lunga panchina sfilano rilievi antichi, alcuni dei quali mai esposti negli ultimi decenni. Spicca tra questi il rilievo di arte romana della fine del I secolo d.C. con il Pastore seduto, detto anche il Viandante. È una figura a riposo ma dallo sguardo intento: quasi una metafora del viaggio intrapreso dal turista di oggi e dall’amante dell’arte che si avventura nell’immenso patrimonio degli Uffizi.
I corridoi che nel precedente allestimento ospitavano anche grandi pale d’altare, con il risultato di sacrificare la profondità visiva che queste richiedono, sembrano invece gli spazi perfetti per ospitare la collezione degli autoritratti, che nel 1973 erano stati spostati nel Corridoio Vasariano ma che originariamente stavano agli Uffizi.
Proprio in questi ambienti è previsto nel corso dell’anno un riordino della straordinaria collezione, iniziata nel Seicento dal Cardinal Leopoldo. Per annunciare l’inizio dei lavori è stata temporaneamente preparata una sala che ruota intorno alla statua del Cardinale, collezionista lungimirante e originale, insaziabile e competentissimo: la sua immagine scolpita nel 1667 dall’artista di corte Giovanni Battista Foggini domina l’ambiente, circondata da una selezione di autoritratti che in parte egli stesso aveva comperato: vi sono quelli di Sofonisba Anguissola, di Ludovico Cardi detto il Cigoli, del Bernini, di Carlo Dolci. E intorno una selezione di altri autoritratti, provvisoria, perciò cronologicamente varia (Angelica Kauffmann, Marc Chagall, Renato Guttuso, Adriana Pincherle, Yayoi Kusama, Tesfaye Urgessa, solo per segnalarne alcuni), testimonianza di un’attenzione all’arte contemporanea di ciascuno dei membri della famiglia Medici e del Cardinal Leopoldo in particolare. È lui il personaggio a cui è dovuta una vasta parte della collezione d’arte degli Uffizi, e delle opere che si possono ammirare adesso durante la visita.