Nel settore della ricerca scientifica pubblica l’Italia investe ancora troppo poco rispetto alla media dei Paesi Ue, eppure la performance dei nostri ricercatori è molto alta, tra le prime 10 posizioni nel mondo.
In ricerca e sviluppo il nostro Paese nel 2015 ha investito l’1,33% del Pil contro una media europea del 2,03%. Anche sul fronte dell’occupazione, il nostro Paese conta un numero di ricercatori inferiore di ricercatori. Nel 2015, infatti, in Italia la percentuale dei ricercatori ogni mille occupati è stata pari al 4,73%, contro una media europea del 7,40%. In questo scenario, la quota sul totale della produzione scientifica pubblica nazionale su riviste di prestigio è stata superiore alla media mondiale. E nel periodo 2011-14, l’impatto della produzione italiana è risultato superiore alla media europea.
L’Italia si è inoltre posizionata poco sotto agli Stati Uniti per impatto medio, ma con valori molto superiori per quota di pubblicazioni su riviste di eccellenza. Il nostro Paese si è attestato al settimo-ottavo posto nel mondo per pubblicazioni e citazioni scientifiche.
E’ il quadro emerso dal confronto fra i presidenti degli enti pubblici di ricerca e i rettori delle università italiane, riuniti al Cnr dal presidente della Consulta dei presidenti degli enti pubblici di ricerca, Massimo Inguscio, e dal presidente dei rettori delle università italiane, Gaetano Manfredi, per fare il punto sulla ricerca pubblica italiana, i suoi obiettivi, i risultati e le risorse. “Sono molto ottimista” per la situazione della ricerca pubblica italiana perché, “senza nasconderci le fragilità, le criticità e i tagli lineari perpetuati nel tempo, da circa 2 anni a questa parte ci sono stati segnali positivi importanti”, ha osservato Inguscio, presidente del Cnr e della Consulta dei presidenti degli enti di ricerca. “Già aver istituito una Consulta che abbia anche lavorato e dato un contributo alla legge che ha dato agli enti di ricerca un’autonomia responsabile è un fattore positivo, così come la sinergia rilevata fra Epr e Università”, ha aggiunto. “Stiamo verificando un’inversione di tendenza”, ha proseguito Inguscio, evidenziando che “solo al Cnr, dopo anni di tagli agli investimenti pubblici pari a 60-70 milioni, fondi di cui sentiamo la mancanza, abbiamo verificato che negli ultimi 2 anni i fondi sono rimasti costanti e non scesi. E questo è già un fattore di ‘ottimismo’”.