Sorrisi difficili per molti italiani, dopo una certa età. Solo il 30% dei connazionali tra i 40 e i 75 anni può vantare infatti ancora tutti i denti naturali. Gli altri, meno fortunati, sono circa 19 milioni e in 1 caso su 4 hanno perso almeno 8 denti. Ciononostante, il 27% non è intervenuto per ripristinare gli elementi mancanti. E questo anche se la perdita viene percepita come un evento molto grave, con serie conseguenze a livello fisico e psicologico. Più penalizzati gli over 65, i soggetti poco scolarizzati e chi non ha seguito una corretta prevenzione, saltando i controlli periodici dal dentista.
Questo il quadro che emerge da una ricerca commissionata alla Doxa dall’Accademia italiana di odontoiatria protesica, su un campione di 800 cittadini tra i 40 e i 75 anni. L’indagine è stata presentata a Milano. “La perdita dei denti naturali è un fenomeno pervasivo tra gli italiani over 40, al punto da poterlo definire un vero problema di salute pubblica”, ha esordito Massimo Sumberesi, Head of Doxa Marketing Advice. “Al 70% degli intervistati manca almeno un dente: in media, i 40-44enni ne hanno persi 4 e i 65-75enni 10. Proprio nel segmento più avanti negli anni si riscontra la situazione più critica, con un numero medio di denti naturali residui inferiore a 20. In generale, giocano un ruolo l’età e la scolarità: più aumentano gli anni e diminuisce il livello di istruzione, più i soggetti tendono a trascurare il problema
“La nostra indagine – continua Sumberesi – ha rilevato che gli anziani e le persone culturalmente meno evolute sono anche più fatalisti e rassegnati nei confronti dell’edentulia. Paradossalmente, chi ha meno denti si sottopone anche con minore frequenza a visite di controllo. Nel complesso, sebbene la maggioranza degli interpellati dichiari che la perdita della dentatura si possa prevenire, i comportamenti messi in atto non sempre sono coerenti e corretti, ai fini di una reale prevenzione”.
Nel dettaglio, la survey ha rilevato che, per il 77% del campione, perdere i denti è un evento molto traumatico, soprattutto se riguarda quelli anteriori. Più sensibili al tema le donne, i soggetti più scolarizzati, i 45-64enni e i residenti al Nord Italia. Molteplici le conseguenze citate, di carattere fisico ma anche psicologico: difficoltà di masticazione (33%), senso di vergogna (23%), problemi digestivi (22%), tendenza all’isolamento (15%), minore autostima e difficoltà nel parlare (9%), disturbi mentali e cognitivi (6%).
Benché 1 intervistato su 2 consideri la perdita dei denti qualcosa di ineluttabile, legato all’invecchiamento, alla domanda specifica sulle possibilità di prevenzione il 91% si dice convinto che il fenomeno si possa evitare, ma i comportamenti adottati sono poco in linea con questo scopo: il 20% ritiene sufficienti un’attenta igiene orale e sani stili di vita, senza doversi sottoporre a periodiche visite di controllo; 1 su 6 non va dal dentista da oltre un anno e il 30% vi si reca solo se ha una criticità da risolvere. A frequentare poco lo studio odontoiatrico sono soprattutto gli over 65, con pochi denti, bassa scolarità e residenti nel Centro-Sud, ossia le categorie più a rischio di sviluppare problemi di salute causati da una masticazione compromessa. Complice una prevenzione non adeguata, restano al massimo 20 denti naturali al 43% dei soggetti tra i 65 e i 75 anni, al 25% dei 55-64enni ma anche al 13% dei 40-54enni. Il 15% degli over 65 ne è del tutto privo. Un risultato che vede l’Italia in ritardo rispetto agli obiettivi dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che si è riproposta di ridurre entro il 2020 il numero di pazienti edentuli e aumentare la percentuale di 80enni con almeno 20 denti naturali residui. Non solo: la ricerca ha anche evidenziato un approccio sbagliato alle cure. Oltre un quarto dei soggetti (27%) che hanno sperimentato la perdita di elementi dentari non si è rivolto al dentista, per reintegrarli con una protesi. Di questi, metà rivela di non averne sentito la necessità, ma anche gli aspetti economici (28%) e il timore di provare dolore (17%) sembrano aver influito.
“Facendo una proporzione in base ai dati rilevati nel sondaggio, 5 milioni di italiani fra i 40 e i 75 anni hanno deciso di non reintegrare i denti mancanti – ha spiegato Fabio Carboncini, presidente Aiop – Nel gruppo dei 65-75enni, un terzo del campione ha perso oltre 10 denti, con serie ripercussioni sulla funzione masticatoria. Oggi sappiamo che l’atto masticatorio favorisce l’afflusso di sangue al cervello e agisce positivamente su memoria, apprendimento e stato di veglia. Una masticazione ridotta, invece, costituisce un fattore di rischio epidemiologico per lo sviluppo di deficit cognitivi, demenza e sindromi depressive. La riabilitazione protesica di pazienti parzialmente e totalmente edentuli rappresenta quindi un intervento indispensabile non solo per contribuire a un bel sorriso e a migliori condizioni di nutrizione, ma anche per rallentare i processi d’invecchiamento del sistema nervoso centrale negli anziani”.
Infine, secondo la ricerca Doxa, le protesi più diffuse tra chi ha scelto di rimpiazzare i denti mancanti sono i ponti (42%) e gli impianti (38%); scheletrati (13%) e dentiere (8%) si riscontrano in particolare negli anziani. La quasi totalità dei pazienti (99%) ha preferito rivolgersi a un professionista in Italia, sfatando così il mito dei viaggi nell’Est Europa per cure low lost. Il grado di soddisfazione è decisamente elevato, sia per il lavoro del dentista (molto soddisfatti 64%) sia per la soluzione protesica utilizzata (molto soddisfatti 60%), che mediamente dura da 11 anni. “Un dato positivo, a conferma del livello di alta specializzazione che oggi contraddistingue l’odontoiatria italiana”, conclude l’Aiop.