La sintesi della bellezza e la poesia a San Felice di Narco, un angolo di Valnerina.
Siamo nei pressi di Castel San Felice, piccolo borgo ancora con il suo impianto medievale immediatamente leggibile, isola di bianca pietra tra il verde scuro dei monti boscosi.
I colori già trasmettono un senso di pace, la vista si bea dell’incanto della natura, il dolce fluire del fiume Nera sotto l’incantevole ponte romano culla l’udito, l’olfatto è solleticato dai coloratissimi stimmi del prezioso fiore dello zafferano.
Ma andiamo con ordine, tanto è l’incanto in un fazzoletto di terra così piccolo.
L’abbazia benedettina dei Santi Felice e Mauro, fondata, sembra, da questi due eremiti provenienti dalla Siria intorno al V secolo, si erge ai piedi del monte Coscerno.
L’incantevole facciata in pietra bianca presenta un pregevole rosone, e sopra il portone d’ingresso è presente un rilievo dove è possibile leggere la storia e le gesta dei due eremiti: carico di particolare intensità è il momento dell’uccisione del drago (che probabilmente simboleggia la bonifica di quelle terre).
Anche l’interno non è meno affascinante, ancora visibili sono delle porzioni di affresco, dei mosaici cosmateschi e nella cripta è conservato un antichissimo sarcofago che costudisce le spoglie dei Santi Felice e Mauro e della loro nutrice Eufrosia, anch’essa raffigurata sul rilievo del portone d’ingresso.
Dietro l’abbazia il ponte romano sul Nera invita ad una rilassante passeggiata: un pertugio chiuso con una grata sembra sia nientemeno che l’ingresso per la grotta del drago!!! Le donne meno giovani del paese raccontano che molto tempo fa usavano scendere in quella grotta, perché al suo interno si trovava una sorgente di acqua sulfurea, ottima per la cura di diverse patologie.
Accanto all’abbazia, la fattoria didattica dell’agriturismo Zafferano e dintorni (http://www.zafferanoedintorni.it/), con l’aiuto della gentilissima Marta, mi permette di vedere, per la prima volta, le colture di zafferano e di conoscerne le molte particolarità.
Anche qui la vista esulta per la bellezza del viola dei fiori e dell’arancio acceso degli stimmi, mentre l’olfatto si bea dello squisito profumo.
Ora capisco perché lo zafferano è così prezioso… nella più rosea delle ipotesi, un chilogrammo di bulbi, piantato in un metro quadrato di campo, produce un grammo di spezia… stupefacente quanto lavoro e quanta dedizione occorre per questo tipo di coltura.
I fiori, ancora chiusi, vanno recisi alla base, si tolgono poi gli stimmi con cautela, liberandoli poi della parte basale. I preziosi “filini” rossi vanno poi essiccati con sapiente maestria, al fine di non pregiudicare l’aroma inconfondibile, tanto lontano da quello dello zafferano in polvere…
Lo zafferano è stato coltivato in Valnerina fin dal medioevo, quando vedeva in Cascia la zona di maggior commercio, dove veniva scambiato per l’altrettanto preziosissimo sale.
Attualmente un nutrito gruppo di piccoli produttori si è riunito nell’Associazione Zafferano di Cascia – Zafferano Purissimo dell’Umbria. Un’altra punta di diamante della nostra regione, di cui andare fieri e da sostenere con i nostri acquisti.
di Benedetta Tintillini